domenica 25 febbraio 2007

Trent’anni fa, con «Terra mia», Pino Daniele ha dato un robusto scossone alla scena musicale italiana. Indicando una terra di mezzo fra canzone d’autore e blues, fra musica etnica e rock. Era il suo album d’esordio, anche se aveva già pubblicato un 45 giri e aveva suonato con i Napoli Centrale. Quel disco fu notato da pochi (giusto per «’Na tazzulella e cafè», proposta da Arbore ad «Alto Gradimento»), il successo sarebbe arrivato solo in seguito, ma fra quei solchi c’era già tutto il meglio di un artista cresciuto con due tradizioni in corpo: quella mediterranea e quella americana, del rock e del blues. Oggi, trent’anni dopo, Pino Daniele è un signore di cinquantadue anni che sa di aver scritto la storia della musica italiana. E pubblica il nuovo album «Il mio nome è Pino Daniele e vivo qui» (SonyBmg).

A distanza di due anni dalla pubblicazione del disco precedente «Iguana Cafè» e anticipato dal primo singolo «Back home», l’album propone dieci canzoni inedite: «Rhum and coca», «Il giorno e la notte» (duetto con Giorgia), «Salvami», «Vento di passione» (altro duetto con Giorgia), «Mardi gras», «Blues del peccatore», «L'africano», «Ischia sole nascente» e «Passo napoletano» e la citata «Back home».

Siamo ancora dalle parti di Napoli e del rock-blues, ma stavolta l’artista di spinge anche dalle parti del Brasile, di Cuba, persino della musica elettronica. Oltre ai suoi musicisti, lo hanno coadiuvato Peter Erskine, Tony Esposito e Alfredo Paixao.

«Per me - spiega Pino Daniele - fare un disco non vuol dire confezionare un prodotto. Il mio resta il percorso di un musicista che ama suonare. Oggi è sempre più difficile trovare qualcuno che ami suonare. La musica oggi è sempre un più un rumore di accompagnamento. Ormai faccio solo quello che ho voglia di fare, certo fare il musicista in questo modo è un lusso».

Ancora il musicista napoletano: «Vado avanti per la mia strada anche perchè sarei ridicolo se tentassi di adattarmi ai tempi di oggi. La cultura dà fastidio, perchè dove c'è cultura non ci può essere guerra. Oggi pochi sperimentano, al contrario individuano un tema e poi fanno lo svolgimento, l'ho fatto anche io. Ma in questo nuovo disco ci sono le canzoni brasiliane, gli esperimenti con l'elettronica, la canzone napoletana, la musica cubana...».

E infatti questa rinnovata curiosità, questa urgenza di trovare nuovi stimoli si percepisce chiaramente nel disco. Del resto, Pino Daniele ha abituato il suo pubblico, negli ultimi anni, a un vero e proprio nomadismo musicale: le strade battute hanno via via formato un percorso personalissimo che a tratti può averlo anche allontanato dalle origini, dalle proprie radici. Per poi riavvicinarlo alla base, sempre, ma arricchito da un tassello in più.

Dunque canzone napoletana, e poi blues, jazz, fusion, ma anche musica araba, africana, e ovviamente pop, rock’n’roll, suoni e colori caraibici e cubani, hip hop ed elettronica, musica etnica e latina...

Lo confermano queste dieci tracce. «Back home» è un omaggio alle vecchie sonorità del latin blues, «Rhum e coca» profuma di esotismo caraibico, «Il giorno e la notte» racconta l’amore quotidiano, «Ischia sole nascente» è un toccante tributo alle proprie origini, «Passo napoletano» innerva la cultura partenopea di nuove pulsioni elettroniche... È un lungo viaggio musicale verso lidi sconosciuti. Completo di ritorno a casa.


La donna più odiata del rock, cioè Yoko Ono, per festeggiare i 74 anni ha preso una manciata di brani del suo repertorio e li ha affidati ad altrettanti artisti della scena emergente/alternativa americana, da lei scelti personalmente. Ne è venuto fuori questo «Yes I'm a witch» (Emi Virgin), via di mezzo fra un’antologia, una compilation e una sorta di tributo a se stessa.

Il titolo dell’album è preso da una canzone dell’artista giapponese del ’74, qui affidata ai Brother Brothers. Cat Power aggiunge malinconia a «Revelations», Peaches è alle prese con «Kiss Kiss Kiss» (dal mitico «Double Fantasy», del 1980, uscito pochi giorni prima dell’assassinio di Lennon), col famoso orgasmo di Yoko, che denuncia tutti gli anni trascorsi. E poi Le Tigre che reinventa «Sister o sisters» (da «Sometime in New York City») in chiave elettro-funk, Jason Pierce (degli Spiritualized) che stravolge in chiave psichedelica «Walking on thin ice»... E ancora Antony and the Johnsons, Polyphonic Spree, Dj Spooky...

All’interno di un’operazione piuttosto deludente, due belle riletture: «Death of Samantha» (del ’73), che i Porcupine Tree trasformano in una fascinosa ballata acustica, e la reinvenzione di «Cambridge 1969» ad opera dei Flaming Lips, che hanno anche il merito di far sopravvivere l’originale chitarra di John Lennon.

Buone intenzioni, insomma, ma il risultato è uno di quelli che si potrebbero definire «di testimonianza». Da ascoltare con il rispetto dovuto a chi ha avuto la ventura di incrociare la vicenda umana e artistica di uno dei maggiori geni della cultura popolare del Novecento.

Il rapporto fra i due resta un grande mistero. Nata a Tokyo nel ’33, dopo la guerra la famiglia Ono si trasferisce a New York, dove Yoko diventa amica di La Monte Young e John Cage, entra nel gruppo avanguardista Fluxus. Pittrice, fotografa, scultrice, regista. Dal ’68, quando incontra Lennon, con cui il primo frutto artistico è l'album sperimentale «Unfinished Music N. 1: Two Virgins», Yoko Ono è anche musicista. Lui genio, lei avanguardia...


I romani Têtes de Bois da quindici anni coniugano pop, folk, jazz, rock e passione politica. E infatti il loro nuovo disco - che parte da «La leva», un classico di Paolo Pietrangeli - è un progetto musicale anche politico, che parla la lingua antica dell’impegno sociale e civile. «Dignità calpestata, lotta, ingiustizia e riscatto dell’Italia che lavora: alla ricerca di Storie sul camioncino musicale che viaggia nelle fabbriche, nei call center, nei campi di pomodori...». Quattordici tracce, nate dall’esperienza reale di un progetto di indagine e testimonianza artistica nel mondo di chi lavora. Spaziando fra Chico Buarque de Hollanda e Rocco Scotellaro, Piero Ciampi e Giorgio Gaber, e persino «Quarantaquattro gatti»...


Nopop è la neonata etichetta discografica indipendente di Guido Elmi, storico produttore di Vasco Rossi. E questo è il primo disco dell’etichetta. Sette «bands», sei italiane emergenti (i mantovani Terzobinario, i lucchesi Esterina, i romani K’io, i napoletani Spaccailsilenzio!, i veneti Riaffiora, i romani Zero Estensioni Neuronali) e una inglese, gli Amplifier. Per un totale di quattordici brani. Sei mesi di lavoro tra selezione, ideazione e produzione. Uno spaccato della nuova musica pop-rock, soprattutto italiana, del 2007.

Operazione coraggiosa e meritoria. Le case discografiche non investono più sui giovani. E i risultati si vedono.

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