SANREMO / PRIMA SERATA
Piero Chiambretti ha salvato dalla noia la prima serata del 58.o Festival di Sanremo, cominciato ieri sera in diretta su Raiuno. Anche se va detto che Pippo Baudo si è ben guardato dal fare il tanto annunciato passo indietro.
I primi venti minuti, con l’omaggio a Modugno, le gag del Pierino nazionale con lo spilungone siculo a far da spalla, e poche canzoni sono comunque stati quel che si può salvare della serata. Cominciata nel segno del passato e della tradizione. Un medley orchestrale ha subito coniugato la canzone vincitrice dell’anno scorso, «Ti regalerò una rosa» di Simone Cristicchi, a «Grazie dei fior» di Nilla Pizzi, «Come saprei» di Giorgia, «Vorrei incontrarti fra cent’anni» di Ron...
La prima sorpresa è Gianni Morandi che scende dalla scalinata e attacca «Penso che un sogno così non ritorni mai più...». È l’annunciato omaggio ai cinquant’anni di «Nel blu dipinto di blu», conosciuta in tutto il mondo come «Volare». Morandi, emozionato, allarga le braccia anche lui, ma l’effetto non è - né può essere - quello ottenuto da Domenico Modugno il 31 gennaio 1958.
La voce fuori campo annuncia Pippo Baudo, ma si presenta Chiambretti, giacca bianca da gelataio e scarpe tricolori: «Baudo è come Fidel Castro: ha fatto un passo indietro e si è ritirato». Segue gag con l’immancabile direttore di Raiuno Del Noce, assiso in prima fila accanto a una scosciatissima Parietti. E «un doppio applauso perchè ancora vivo» a Pippo Caruso che dirige l’orchestra. Più tardi Pierino fa di peggio, gli affida un mazzo di fiori: «Li metta sulla tomba».
La seconda sorpresa sono dodici sosia di Baudo, ognuno con la sua brava maschera, che assediano il folletto piemontese: «Rappresentano i suoi dodici Festival, dal ’68 fino all’anno scorso». Finalmente, si fa per dire, all’annuncio di «Pippo tredicesimo», il nostro emerge da una botola dicendo «Che buffonata...».
Due battute sul clima elettorale, sulla par condicio (tema che poi tornerà più volte), sul «Festival etichettato comunista», con l’immagine di Pippuzzo vestito da soldato russo, con la scritta «Circolo Falce e Militello». Che poi ammicca: «Non faccio casini ma sono clemente...». Chiambretti ci dà un taglio: «Se non cominciamo subito la prima serata finisce sabato...».
È il turno della valletta, ieri sera toccava alla bionda ungherese Andrea Osvart, introdotta da un minifilmato con James Bond che dice «Dobbiamo salvarla da Marzullo. Riusciamo a portarla all’Ariston?». Lei è emozionata fino alle lacrime e spiega che sul permesso di soggiorno ha ancora scritto «domestica», primo lavoro grazie al quale è arrivata in Italia. Pierino osserva: «Somiglia a una Ricciarelli magra, per questo l’hai presa...». Baudo lo fulmina con un’occhiataccia.
Ci sarebbero anche cantanti e canzoni. Il melodico Paolo Meneguzzi («Grande» non lascia traccia) e la pacifista L’Aura («Basta» ha un bell’impatto) aprono la sfilza dei big. Seguono un redivivo Toto Cutugno («Un falco chiuso in gabbia», 14.a presenza al Festival), Frankie («Rivoluzione», dove si spiega che anche i ribelli tengono famiglia), Fabrizio Moro («Eppure mi hai cambiato la vita»: una canzone d’amore dopo l’orazione antimafia dell’anno scorso)...
Fra i Giovani aprono i Milagro (due cantanti chitarristi emiliani, cantano «Domani»), Andrea Bonomo («Anna», torna l’amore per la mamma), i Frank Head (quelli di uno spot della Tim Tribù, «Papa Parà Ra Rara»). E poi i quattro giovanissimi Melody Fall, Daniele Battaglia (figlio di Dodi dei Pooh, e si vede e si sente), Valerio Sanzotta (un po’ datato) e Giua («Tanto non vengo», delicata presenza cantautorale, forse la cosa migliore fra i Giovani).
Ancora i sedicenti Campioni. La statuaria Anna Tatangelo sarà anche favorita, ma la sua canzone sull’amico gay è al di là del bene e del male. Impresentabile. Meglio Zarrillo, Gazzè e Tricarico. E molto meglio Eugenio Bennato, pizzicato dalla taranta con la sua storia di emigranti di ieri e di oggi. Ma lui non vince di sicuro.
Il resto è Carlo Verdone: a Sanremo per presentare il nuovo film, regala poco più che un promo. Quando poi arriva Lenny Kravitz, non ce n’è più per nessuno. Il rocker newyorkese è un gigante in mezzo ai nani. E Baudo dimostra tutti, ma proprio tutti i suoi settantadue anni...
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