giovedì 28 febbraio 2008

SANREMO / TERZA SERATA


Sanremo, terza serata. Dopo il terremoto degli ascolti in caduta libera, di Baudo che insulta chi ha il torto di non guardarlo più, del plagio con conseguente eclusione della Bertè, Chiambretti rompe il ghiaccio così: «Signori, avremo tanti difetti, ma andando in onda per cinque sere evitiamo che almeno una settimana all’anno vada in onda ”Porta a porta”».

Stavolta i due, il lungo e il corto, si presentano assieme dall’inizio: mano nella mano scendono la scalinata dell’Ariston, presentano l’orchestra, il coro e chi più ne ha più ne metta. Baudo mostra le scarpe nuove a Mike Bongiorno, che ieri sul «Corriere» gli aveva rimproverato di essersi presentato con quelle vecchie. E dice che vuol parlare del caso Bertè. Pierino lo blocca: «C’è un altro caso, il truccatore gay della Tatangelo in realtà non è gay...» Quando Pippuzzo nostro - sempre gentile e amichevole con tutti, tranne quando qualcuno gli taglia la strada o lo critica: allora va in bestia - spiega finalmente quel che è successo e che ormai tutti sanno, l’uomo di «Markette» spara la terza bordata: «Loredana dice comunque che ha un altro brano inedito, s’intitola ”O sole mio”...».

E visto che la cantante calabrese partecipa ugualmente seppur fuori gara (decisione saggia, per evitare guai peggiori: siamo pur sempre a Sanremo, dove qualcuno quarantun anni fa si è ucciso, e la donna ormai è un po’ fuori...), eccola subito, l’ultima diva della nostra canzone, colei che è stata e in parte è ancora una grande voce rock, con quella stessa Spagna con cui era già previsto il duetto. Parte «Musica e parole», che plagio o no, è un gran pezzo. E le due donne, la mora e la bionda, lo eseguono alla grande.

Loredana ha i polsi stretti dalle manette, sempre con gli occhiali scuri, stavolta senza cappuccio ma con una grande e vaporosa gonna nera. Pare che i vestiti se li faccia da sola. Prima del perentorio «Stop!» che chiude il pezzo, legge da un foglio altre frasi più o meno farneticanti, una sorta di invocazione a difesa dei bambini. Poi aggiunge: «Voglio un Festival normale e voglio un premio normale in gara... Pensavo de venì a Sanremo a famme ’na vacanza e invece è successo...». Baudo l’abbraccia e la ferma così: «Non è successo niente».

Si va avanti. Entrano un’altra bionda e un’altra mora, stavolta sono le vallette. È la serata dei duetti. La gara comincia con i Finley, affiancati da Belinda (nome completo: Belinda Peregrìn Schull), la cantante spagnola che è la voce del momento in America Latina. Inconsistenti.

Con Tricarico è salto di qualità. La sua surreale «Vita tranquilla» è stata una delle cose migliori della prima serata. E con la canzone della Bertè - plagio o no - in un Festival normale avrebbe meritato la vittoria. Il brano nasce come risposta indiretta alla «Vita spericolata» di Vasco Rossi, Sanremo 1983. Lui - che è quello che nel 2000 cantava «Io sono Francesco», il brano dell’invettiva «puttana la maestra...» - ha sempre l’aria trasognata ma si dimostra meno «capitato lì per caso» della prima sera. E stona pure di meno. Il virtualissimo duetto lo fa con il Mago Forrest - presenza silenziosa alle sue spalle - e con una sagoma di Steve McQueen. Vita spericolata, appunto...

Superba anche l’interpretazione «a cappella» che Mietta regala della sua «Baciami adesso», grazie alla presenza con lei sul palco dei Neri per caso. Ma, a dimostrazione del fatto che quando lo spettacolo viene lasciato alle canzoni, riducendo al minimo i vari contorni che allungano il brodo, la qualità rimane sempre accettabile e a tratti alta anche con le proposte successive.

«Il solito sesso» di Max Gazzè guadagna dall’apporto di Paola Turci alla chitarra e Marina Rei alla batteria. Fabrizio Moro si fa supportare dall’esperienza di Gaetano Curreri degli Stadio. Ma il top della classe e dell’eleganza arriva con un altro calabrese, Sergio Cammariere: per la sua bossanova arriva la grandissima Gal Costa, che regala anche qualche verso da sola, prima della canzone.

Il rapper torinese Frankie Hi Nrg si mette in giacca e cravatta, chiama il vincitore dell’anno scorso Simone Cristicci, e trasforma la sua «Rivoluzione» in un omaggio cinematografico a Morricone, con la tromba messicana a scandire i mali del nostro Paese. Dove la rivoluzione non si fa. Altro gran pezzo, di quelli che dovrebbero andare sul podio della qualità.

Proprio come il «Grande Sud» di Eugenio Bennato, magica taranta per celebrare tutti i Sud del mondo ma anche gli emigranti di ieri e di oggi, sempre sospesi fra nostalgia e speranza. La speranza antica di una vita migliore. Con lui, la voce mediterranea della sua compagna, Pietra Montecorvino (con abito della triestina Raffaella Pregara).

La serata poi è andata avanti come al solito fino a notte tarda, con gli abituali sbrodolamenti: ospiti, gag, spot, siparietti con Daniele Piombi (avanti i giovani...). Fra la Tatangelo con Michael Bolton, Cutugno con la Minetti, Grignani con i Nomadi, Zarrillo con Paola e Chiara, Little Tony con una delle tante famiglie dei Gipsy Kings. Ha fatto meglio Mario Venuti che per l’occasione ha rimesso assieme i suoi Denovo, bel gruppo della Catania rock degli anni Ottanta. E meglio anche i Tiromancino, che hanno regalato coloriture jazz alla loro «Il rubacuori» con il sax di Stefano Di Battista.

Perchè va detto che sei o sette brani, in questo bistrattato Festival, non sono niente affatto male. Tutto starebbe a tagliare quel che sta attorno. E con le canzoni non c’entra proprio nulla. Buonanotte ai sopravvissuti.

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