FABBRICA DEL CAMBIAMENTO
«Negli anni Settanta la musica, il teatro, il cinema furono veicoli straordinari per far arrivare l’eco del nostro lavoro fuori dal manicomio. Anche in questo Franco Basaglia ebbe un’intuizione straordinaria: capì che doveva trasformarsi in comunicatore. E oggi, nel trentennale della legge 180, ricominciamo proprio da lì. Dalla comunicazione, dalla cultura...».
Peppe Dell'Acqua, direttore del Dipartimento di salute di mentale di Trieste ed erede - assieme a Franco Rotelli - di Basaglia, presenta così «La Fabbrica del Cambiamento». Una settimana dedicata al teatro, alla musica, al cinema, ai convegni, alla comunicazione. Trent’anni dopo quel 13 maggio ’78 in cui il parlamento diede il sì definitivo alla legge che chiudeva i manicomi.
Si comincia lunedì e martedì, alla Stazione Marittima, con il convegno sulla cooperazione sociale. Lunedì alle 21, al Teatro Miela, è in programma l’evento teatrale «Chi ha intascato i valori delle cooperative?».
Martedì alle 20, sempre al Miela, il film «Shine» di Scott Hicks e il reportage di Amedeo Fago «Se ho un leone che mi mangia il cuore» (realizzato per i programmi sperimentali della Rai nel ’77, in occasione del Reseau internazionale).
Mercoledì alle 19, al Centro di promozione della salute di via Pindemonte, «Letture» dedicate al trentennale della Legge 180. Giovedì alle 21, al Teatro Sloveno, «La luce di dentro, viva Franco Basaglia», del compianto Gianni Fenzi.
Venerdì alle 20.45, alla Sala Tripcovich, arrivano le «Stazioni Lunari»: un progetto fra teatro e musica che coinvolge vari artisti, e che a Trieste porterà Simone Cristicchi («che con una sola canzone a Sanremo - annota Dell’Acqua - a livello di comunicazione ha fatto più di noi in anni di lavoro...»), Teresa De Sio, Ginevra De Marco e Peppe Servillo.
Sabato 17 alle 20.30, al Comunale di Monfalcone, Natalino Balasso e Mirko Artuso in «Libera nos a malo». Lunedì 19 alle 17.30, all’Auditorium del Revoltella, incontro con Sergio Zavoli che presenta il suo «I giardini di Abele», girato nel ’67 per la Rai al manicomio di Gorizia.
«L’abbiamo chiamata Fabbrica del Cambiamento - conclude Dell’Acqua - per sottolineare l’idea che è stata alla base del nostro lavoro in questi trenta e più anni. Non accontentarsi della realtà esistente, lavorare per cambiare le cose dentro di noi e attorno a noi, produrre dei risultati concreti... Quello che vogliamo continuare a fare».
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