domenica 18 maggio 2008

PINO DANIELE Trent’anni di carriera. E che carriera, quella di Pino Daniele. Nella Napoli degli anni Settanta quel ragazzino che scaricava casse e strumenti per i Napoli Centrale di James Senese - il vero «nero a metà»... - d’un tratto se ne venne fuori con quell’album, «Terra mia», che in un colpo solo pigliava stralci della tradizione popolare partenopea, mischiandola con ventate di rock, blues, contaminazioni anglosassoni, retaggi mediterranei...

Oggi questa tripla antologia, intitolata «Ricomincio da trenta» (RcaSonyBmg), è il monumento a una carriera importante e un atto d’amore a un amico e a un grande artista che non c’è più: l’attore Massimo Troisi, scomparso nel giugno ’94, il cui folgorante debutto cinematografico, nell’81, s’intitolava per l’appunto «Ricomincio da tre». Pino Daniele aveva anche firmato le musiche di alcuni suoi film. E la voce del grande Triosi è ora presente nel disco, nel brano «Saglie saglie».

I tre cd propongono quarantacinque brani: tutte le sue canzoni più belle e importanti (da «Napule è» a «Quanno chiove», da «Je so pazzo» a «Alleria», da «Chi tene ’o mare» a «Yes I know my way», da «Lazzari felici» a «’O scarrafone»...), ma anche quattro inediti (fra cui la vibrante «Anema e core», che ha anticipato la pubblicazione del cofanetto).

Per portare a termine l’impresa, Pino Daniele ha richiamato in servizio i vecchi soci Agostino Marangolo, Gigi De Rienzo, Ernesto Vitolo, Tony Esposito, Tullio De Piscopo, James Senese, Rino Zurzolo, Joe Amoruso... «L'unico rimpianto che ho è di non aver fatto prima questa operazione, ma non era facile conciliare gli impegni di tutti - ha detto l’artista -. Questi musicisti rappresentano una parte importante della mia vita e non solo musicalmente parlando. Siamo uniti dalla comune passione per la melodia napoletana, quando stiamo assieme parliamo napoletano e oggi facciamo le cose con più serenità, quando eravamo giovani eravamo più irruenti rispetto al lavoro. Rimettere insieme le mie band storiche vuol dire anche tentare di riportare la gente a sintonizzarsi sul Sud del quale si dà solo un'immagine drammatica...».

Per l’occasione sono arrivati anche fior di ospiti, da Giorgia (per una splendida «Vento di passione») a Wayne Shorter, da Al Di Meola (magico in «Appocundria») a Chick Corea, da Irene Grandi («Se mi vuoi» da antologia) a Noa, e ancora Peter Erskine, Mick Goodrick, Mike Manieri, Chiara Civello.

Ora il cinquantatreene ex ragazzo dei vicoli prepara un tour che avrà la sua spettacolare apertura allo stadio San Paolo di Napoli l'8 luglio. E saranno ancora «buone vibrazioni». Per dimostrare che Napoli non è solo munnezza.


MICK HUCKNALL Bobby «Blue» Bland (classe 1930) è stato uno dei principali artefici di quello che poi sarebbe diventato il moderno soul sound, anche se in Europa non è molto conosciuto. Mick Hucknall (classe 1960) è stato per anni la voce, il leader e il simbolo stesso dei Simply Red.

Dopo ventitre anni con la band che gli ha dato fama e successo, «il rosso» (di capelli...) di Manchester ha deciso di ricominciare da solista. E per farlo ha scelto di mettere in cantiere un album di cover del vecchio blues man, chiamato «Lion of the blues».

Ecco allora «Tribute to Bobby» (Nunflower/Edel), cd con annesso dvd che va a scavare nel repertorio di «un cantante rhythm’n’blues tradizionale ma senza tempo, che non fa il solito tipico blues. Bobby canta esprimendo un dolore e una tristezza avvolgenti. È uno di quegli artisti che hanno influenzato il mio modo di cantare molto prima che io diventassi uno schiavo del successo».

Dodici brani che sono altrettanti classici del soul, rielaborati e riarrangiati da Mick, e un filmato di diciassette minuti registrato dal vivo a Memphis, Tennessee, nel novembre scorso. Nel quale appare lo stesso Bobby Bland.

Spiccano una grezza e appassionata «Cry cry cry», ma anche «I’ll take care of you», «I pity the fool», «Farther up the road», ma soprattutto «Stormy monday blues», sorta di emozionante viaggio nel mondo del jazz e del blues.

L’album è prodotto da Andy Wright, con cui Hucknall collabora da tempo. «Ho fatto quest’album per me stesso, è la mia personale odissea. Mi sento molto più a casa qui. È un lavoro che ho fatto con passione e rispetto».

Quest’estate Hucknall - che continua a vivere in Inghilterra ma da una decina d'anni ha una tenuta alle pendici dell'Etna, dove fra l’altro produce un vino chiamato «Il cantante» - sarà in concerto il 19 luglio ad Aosta, il 20 al Summer Festival di Brescia, il 22 a Roma e il 23 al Summer Festival di Lucca.


STEVE WINWOOD Ai tempi dello Spencer Davis Group, dei Traffic, dei Blind Faith era un ragazzo. Oggi Steve Winwood ha sessant’anni e ha ancora tante cose da dire. A cinque anni da «About me», disco autoprodotto con cui il musicista inglese si è ripresentato in scena dopo un lungo silenzio, questo «Nine lives» - «nove vite»: forse si riferisce a se stesso... - prosegue sulla strada intrapresa. Organo Hammond in primo piano, intrecci di chitarre, sax o flauto come ai vecchi tempi, tante percussioni ma niente basso: ci pensa il nostro, manovrando i pedali dell’organo. Suoni caldi, vitalissimi, di nuovo appassionati come ai vecchi tempi. E c’è anche una sorpresa: il vecchio amico e socio Eric Clapton, che compare nel robusto rock blues che risponde al titolo di «Dirty city». Un brano che vive dell’assolo del vecchio «Slow Hand» e delle vecchie atmosfere che richiamano i bei tempi dei Traffic. Insomma, bel disco. Che già in copertina - con la foto di Winwood ragazzo e ora adulto - gioca sulla sovrapposizione passato/presente.


RON Ron torna con un nuovo album, «Quando sarò capace di amare», cui hanno collaborato Mogol, Lucio Dalla, Alex Britti, Neffa, Renzo Zenobi. Il brano che dà il titolo all’album è una delle più belle e meno conosciute canzoni di Giorgio Gaber, anno ’94, che Ron ha sempre sentito particolarmente sua. «L'ho cantata al Premio Gaber nel 2004, aspettavo l'occasione per inciderla». Nel cd Ron parla «di quel sentimento che sembra ormai scomparso, ma che ci dà la possibilità di credere che si possa andare avanti, indipendentemente dal fatto di vendere dischi o meno. C'è una mancanza d'amore e rispetto in generale». A quattro anni da «Le voci del mondo», il disco contiene tra le altre «Evviva il grande amore», una canzone di Mogol che Ron incise nel ’75. Britti è protagonista di un assolo di chitarra blues in «Stella che non splende», firmata da Kaballà; Dalla suona il clarinetto in «Se vorrai», testo firmato da Neffa; «Occhi» ha un testo di Renzo Zenobi, mentre «Sigillo del tuo cuore» è liberamente ispirato al Vecchio Testamento.



Nessun commento:

Posta un commento