RENGA
Ma chi l’ha detto che rock e melodia non possono andare d’accordo? Francesco Renga, il cui «Ferro e cartone Tour» ha fatto tappa ieri sera in un Politeama Rossetti affollato (ma non troppo...) soprattutto da giovanissime, è la dimostrazione italiana che quel connubio è possibile, vivo e vitalissimo.
A dieci anni dall’uscita dai Timoria, il quarantenne musicista nato a Udine ma bresciano d’adozione, famoso al grande pubblico per aver vinto il Sanremo 2005 con «Angelo» ma anche per aver messo su famiglia con Ambra Angiolini, sembra oggi aver trovato un equilibrio compositivo e interpretativo quasi perfetto, in bilico fra le sue origini rockettare e un presente cantautorale.
Ed è proprio la voce di Ambra (registrata), che apre in perfetto orario lo show, leggendo un brano tratto dal primo romanzo del suo compagno, intitolato «Come mi viene – Vite di ferro e cartone» ed edito da Feltrinelli. Poi si parte per davvero con «Cambio di direzione», lo stesso brano che ha anticipato l’anno scorso l’uscita dell’ultimo album, «Ferro e cartone», prodotto a San Francisco e caratterizzato dalle stesse sonorità internazionali che ora sono presenti dal vivo.
Tutta la prima parte è dedicata alle canzoni del nuovo disco: «Come mi viene» e «Dimmi», «Coralli» e «L’uomo che ho immaginato», «Vedrai» e «Lo specchio»... Ogni tanto ritorna anche la voce narrante dell’ex pupilla di Gianni Boncompagni a «Non è la Rai». Con l’effetto purtroppo di spezzare il ritmo che via via prende quota. Per esempio con «Affogo baby», che stava nel primo album solista di Renga, pubblicato nel 2001. O ancora con «Comete» (era in «Camere con vista», disco del 2004).
Ma il concerto decolla veramente quando arrivano due canzoni come «Ci sarai» e «Tracce di te» (Sanremo 2002), cantate in coro da una platea ridotta ma prodiga di applausi e urletti. Brani che arrivano al cuore del pubblico in maniera semplice e diretta, riempite dalla forza e dall’unicità di una voce potente ed espressiva, arricchita nel tempo da raffinatezze interpretative che ne suggellano una vera maturazione artistica.
Si va avanti. Il palco è pulito, sobrio, illuminato da giochi di luce di un certo effetto, a tratti in stile «Guerre stellari». Mentre le sonorità e gli arrangiamenti che Corrado Rustici, il produttore napoletano trapiantato ormai da tanti anni sulla West Coast americana, ha pensato per l’ultimo disco ma anche per questo spettacolo dal vivo sono semplicemente sontuosi.
Francesco Renga ne approfitta per cantare i suoi sogni e le sue paure, i momenti dolorosi della vita, i tanti «cambi di direzione» affrontati, e ancora la memoria, l’abbandono, il ritorno. Ma anche una qual certa serenità familiare ormai raggiunta che si percepisce abbastanza chiaramente dai testi. La sua gran voce, unita all’indubbio mestiere di vecchio rocker, fa il resto.
Il concerto corre via liscio senza interruzioni per quasi due ore. Con il musicista mezzo udinese e mezzo bresciano sul palco ci sono Stefano Brandoni e Giorgio Secco (chitarre), Luca Visigalli (basso), Diego Corradin (batteria), Vincenzo Messina e Luca Chiaravalli (tastiere).
Il finale è un crescendo. Dopo «Ancora di lei» («la prima canzone che ho scritto dopo aver lasciato i Timoria...»), «Meravigliosa» e «Ferro e cartone» concludono la scaletta. La sanremese «Angelo» apre invece i bis.
Al Rossetti, successo caloroso. Non compromesso dal teatro pieno soltanto per metà.
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