PREMI NONINO
dall’inviato
CARLO MUSCATELLO
PERCOTO Forse il più emozionato, ieri alla 35.a edizione dei Premi Nonino, era Pino Roveredo. Lo scrittore triestino, una vita in salita riscattata solo dalla scrittura, era confuso fra il pubblico - nell’enorme distilleria trasformata in salone delle feste per la cerimonia di consegna dei premi - quando è salita sul palco Naibeth Garcia, direttrice del coro Manos Blancas, a ricevere il Premio Nonino Risit d’Aur 2010. E a lui, figlio di genitori sordomuti, sarà sembrato di tornare indietro ai primissimi anni della sua vita, al primo linguaggio imparato che era quello silenzioso dei gesti, nel vedere premiato questo coro venezuelano composto da ragazzi sordomuti, salvati dalla violenza della strada grazie alla scommessa della musica. Quella musica che non conosce barriere, che è strumento di integrazione oltre che linguaggio universale.
È dal ’75, quando Josè Antonio Abreu ebbe l’intuizione di valorizzare attraverso la musica le capacità di un gruppo di giovanissimi portatori di handicap, che nel paese sudamericano esiste questa realtà che è d’esempio per tutto il mondo. Nell’ambito della fondazione, appoggiata dalle istituzioni, nel ’99 è nato - proprio su iniziativa della Garcia - il coro Manos Blancas. Le cui ragazze e i cui ragazzi, non potendo sentire né parlare, cantano con le mani ma soprattutto con il cuore. I loro guanti bianchi sembrano gabbiani che danzano sulla vita, seguendo miracolosamente l’andamento musicale con una vera e propria partitura gestuale.
«La musica è espressione dell’anima, e l’anima non conosce handicap», ha detto Naibeth Garcia, rivelando che è stato Claudio Abbado a far conoscere il suo coro alla giuria del premio. Il suo Venezuela da qui, da questa gelida campagna friulana spruzzata di neve, sembra più lontano della luna. Ma ora sarà un po’ più vicino grazie all’ufficializzazione di un’iniziativa: la nascita di un coro Manos Blancas del Friuli, patrocinato dalla famiglia Nonino, che cerca in questa sua nuova avventura - nata come gli stessi Premi nel segno della solidarietà - una sponda istituzionale ma dà già appuntamento al primo concerto, al ”Nuovo” di Udine, entro la fine dell’anno.
Dell’iniziativa faranno parte i giovani cantori del Coro Artemia e i ragazzi diversamente abili (mai come in questa occasione è il caso di usare questo termine...) della comunità La Nostra Famiglia di San Vito al Tagliamento. Ieri, fra gli alambicchi fumanti della grande distilleria, l’inebriante profumo di grappa ha tenuto a battesimo l’esordio di questa nuova formazione: una tipica villotta friulana ha suggellato l’incontro, e i guanti bianchi dei ragazzi della comunità hanno danzato nell’aria proprio come quelli dei loro coetanei venezuelani, apparsi brevemente solo grazie a un filmato.
Ma il premio al coro è stato solo l’ultimo momento della cerimonia, prima che la folla di amici, ospiti, addetti ai lavori, vip veri e presunti (segnalati fra gli altri Fabio Capello, Ottavio e Rosita Missoni, Cesare Romiti, Alice, Giovanna Marini, Natalia Aspesi, Claudio Sabelli Fioretti...) si concedesse alla tradizionale grande abbuffata che segue le premiazioni.
Apertura ovviamente affidata a Giannola Nonino, padrona di casa che - abbigliamento, occhiali e grinta da popstar - ha dato il via alla festa con l’abituale grido «Si aprano gli alambicchiiii...!», seguito dalle note di ”Libiam ne’ lieti calici”, celebre brindisi a tempo di valzer del primo atto della ”Traviata” di Verdi.
Circondata dall’abituale gineceo di figlie e nipoti (il marito Benito non ha mai amato le luci della ribalta), la signora ha come di consueto coinvolto i componenti della prestigiosa giuria - presieduta dal Nobel per la letteratura V.S. Naipaul, formata da Claudio Magris, Ermanno Olmi, John Banville, Antonio R. Damasio, Emmanuel Le Roy Ladurie, Edgar Morin - nella consegna dei premi.
A cominciare proprio dal riconoscimento allo scienziato Jean Jouzel, massimo esperto di effetto serra e riscaldamento climatico, che ha raccontato la vita, le fatiche e i successi degli esploratori moderni sulla calotta ghiacciata dell’Antartide. Il suo allarme sul destino del pianeta acquista maggior valore partendo da qui, da queste terre intrise di cultura e saggezza contadina: «Negli ultimi trent’anni - ha detto Jouzel, Premio Nonino 2010, introdotto da Omero Antonutti - la temperatura media sulla terra è aumentata di dieci gradi centigradi. Un’accelerazione, dovuta all'emissione di CO2, che non si è più fermata dal 1950. Sono a rischio i ghiacciai e la stessa sopravvivenza di tante specie animali. La colpa di tutto ciò ce l’ha l'uomo».
L’uomo e la natura, l’uomo e ”la sua” natura, spesso di solitudine. Tema della riflessione inviata dallo scrittore tedesco Siegfried Lenz, Premio Internazionale Nonino 2010, impossibilitato a presenziare. Il rapporto fra vecchiaia e letteratura, fra vita e filosofia. «Lenz è un uomo simpatico - ha detto Claudio Magris -, di quella simpatia che significa mettersi nei panni degli altri. La sua opera è uno spaccato di storia tedesca ma è anche la coscienza morale di questa storia: ha saputo infatti raccontare la perversione adottata dal totalitarismo già nelle cose minori, quotidiane. Ha il dono di parlare di cose serie ma sempre con leggerezza».
È il turno dello ”psicologo sociale” Serge Moscovici, cui è stato assegnato il premio ”A un maestro del nostro tempo”. Introdotto da Edgar Morin, il pensatore franco-romeno che studia le minoranze etniche e le maggioranze dominanti ha proposto cenni della sua personale ricerca fra antropologia, fede e ragione. E un ragionamento sulla natura umana riflettendo sulla felicità dell'uomo «che non nasce dal ”fare”, ma dal cuore di ognuno». La natura umana «va conosciuta e capita con il metodo della sperimentazione. Consenso e dissenso sono sempre presenti, ma nella misura in cui ogni studioso prende la propria innovazione sul serio, il successo è vicino». La frase finale di Moscovici sembra capace di riscaldare i cuori più della grappa che qui va via più del pane: «La storia sociale della conoscenza, in tempo di pace, è solo una pausa. La verità è la lotta».
Ma si diceva dello strano ed eterogeneo mix di scrittori, scienziati, artisti, Premi Nobel passati o futuri, uomini di fede, politici, industriali, editori, giornalisti, che forma la platea del Premio Nonino. La capacità di questa famiglia che produce e commercia grappa di ”convocare” - ma anche accogliere amorevolmente - tutta questa gente, nell’ultimo sabato di gennaio, in un angolo sperduto di campagna friulana, rappresenta il vero mistero/miracolo del Premio Nonino.
Che a questo punto va preservato proprio come la tradizione e la cultura contadina per salvaguardare le quali è nato trentacinque anni fa. Era cominciato in sordina, oggi anticipa i Premi Nobel. Prendete nota dei premiati di quest’anno.
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