martedì 15 giugno 2010

PIERO SIDOTI
UDINE Giorgio Gaber non l’ha conosciuto personalmente. Ma i suoi spettacoli, i suoi dischi, Piero Sidoti li conosce tutti. Con il teatro canzone dell’artista di origine triestina, il quarantaduenne cantautore udinese si è cresciuto. Ed è chiaro che quando gli hanno comunicato di aver vinto il Premio Gaber, per lui la soddisfazione è stata doppia.
Per lui, finalista a Castrocaro nel lontano ’93, forse questa è davvero la volta buona. Dopo anni di prodotti artigianali e spettacoli teatral-musicali, spesso con l’amico attore Giuseppe Battiston, in questi giorni ha messo a segno due colpi. Il primo: la pubblicazione del suo primo album distribuito a livello nazionale, intitolato ”Genteinattesa” (edizioni Fuorivia) e registrato in parte negli studi bolognesi di Lucio Dalla. Il secondo: questo Premio Gaber, che il 23 e 24 luglio gli verrà consegnato al Festival Gaber di Viareggio assieme alla cantautrice fiorentina Susanna Parigi.
«Beh, è chiaro - ammette Sidoti - che sono molto contento. Avevo mandato alle selezioni del premio alcuni estratti del mio spettacolo ”Particelle”, scritto con Giuseppe Battiston. La storia di un giovane precario, giovane anche se ormai ha trentasei anni, che manda in giro il suo ottimo curriculum ma poi si deve adattare a fare lavoretti saltuari e malpagati. La storia di tanti, che si consumano fra aspirazioni che invecchiano e lavoro che non si trova».
Lei fa l’insegnante. Per la scuola sono momenti bui.
"Insegno matematica e scienze alle scuole medie di Lestizza e Talmassons. Non mi lamento. Ma un Paese che non investe sulla cultura e l’istruzione non ha futuro».
Un cantautore che insegna matematica...
«Lo so, sono un’eccezione. Ma non c’è contraddizione. La matematica, ad alti livelli, parte da dati certi per esplorare mondi incerti. Dunque ha delle analogie con la musica, con la creatività».
La sua creatività dove nasce?
«Sono cresciuto con le canzoni di De Andrè, di Conte, di Gaber, dei grandi cantautori. E il disco risente di quello che ho ascoltato e amato. Le mie canzoni sono una galleria di ritratti: metto in scena i personaggi che interpreto. Ma mi considero un cantautore, non un attore. Anche per non infastidire la gente di teatro, che si prende molto sul serio...».
Lei ha fatto una particina al cinema.
«Sì, in ”Agata e la tempesta”, il film di Silvio Soldini del 2004, cantavo ”Granada” in un bowling. Un piccolissimo ruolo, ottenuto tramite il mio amico Battiston, che era fra i protagonisti».
Ma nel 2004 lei ha avuto altre soddisfazioni...
«Se si riferisce al Premio Recanati, sì, è stata la prima grande soddisfazione della mia carriera. Quella che mi ha fatto capire che dovevo andare avanti, nonostante le difficoltà. Ma nel 2004 ho vinto anche <IP0>il “Premio l’artista che non c’era” e il Premio De André come “miglior poesia in musica” e “miglior cantautore”. Sì, è stato un anno fortunato».
A Recanati ha conosciuto anche Lucio Dalla.
«Sì, mi ha incoraggiato e aiutato molto, in questi anni. Dandomi dei consigli e ospitandomi nel suo studio bolognese per la registrazione di alcune canzoni del disco. È un grande artista».
Dalia Gaberscik che le ha detto?
«Mi ha detto che sono stato scelto da Sandro Luporini (amico e coautore degli spettacoli di Gaber - ndr). L’ho interpretato come un complimento. Con lei è stato un bell’incontro. Mi viene da trattarla come un’amica, essendo lei figlia di suo padre. Perchè io, Gaber, pur non avendolo conosciuto, lo considero un mio grande amico...».
I suoi studenti hanno scoperto che fa il cantautore?
«Sono ragazzi molto giovani. Comunque sì, qualcuno è anche venuto a vedermi cantare ed era contento, a vedermi muovermi sul palco. Anzi, a fare il cretino, come dico io. Ma in fondo il cretino lo faccio anche in classe, per catturare la loro attenzione e comunicare con loro».
Quando viene a presentare il disco a Trieste?
«Spero presto. Magari al Teatro Miela, quando il mio amico Sandro Mizzi mi organizza qualcosa...».

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