LIGA LIVE
Ma allora è proprio vero che i sogni di rock’n’roll non tramontano mai. Nemmeno a cinquant’anni. La prova l'abbiamo avuta ieri sera, in un PalaTrieste tutto esaurito già da un mese (oltre seimila i biglietti venduti, potevano essere molti di più), che ha celebrato l'ennesimo trionfo annunciato del rocker di Correggio, provincia di Reggio Emilia.
Quest'anno il nostro ha girato la boa del mezzo secolo, ma dimostra di avere ancora energia e adrenalina da vendere. Palco sobrio ed essenziale. Il fondale è un enorme maxischermo. Due orologi scandiscono il conto alla rovescia. Ma il via lo dà Claudio Maioli, manager dell'artista, cappellaccio da cowboy e filastrocca introduttiva per dare il "Taca banda". Un boato saluta l'ingresso della star. «Ciao Trieste!». Si parte con tre canzoni del nuovo album "Arrivederci, mostro!", che il pubblico conosce già a memoria: "Quando canterai la tua canzone", "La linea sottile" e "Nel tempo". Ma è quando arrivano "Balliamo sul mondo" e "Bambolina e barracuda" che il palasport esplode.
Quelle due canzoni ci riportano indietro di vent'anni, quando l'allora trentenne Luciano Ligabue debuttò con un album, intitolato semplicemente con il suo cognome, che mise subito le cose in chiaro: il futuro del rock italiano, l'unica seria alternativa a Vasco, era quel ragazzone con i tratti somatici da indio padano, con una "vita da mediano" alle spalle, cresciuto alla scuola dei migliori cantautori ma con dentro un'urgenza di comunicare a suon di rock che non lasciava - e non lascia - spazio alle repliche.
All'inizio del '91 venne a tenere il suo primo concerto nel Friuli Venezia Giulia, in una balera friulana, conquistando i pochi fortunati richiamati dal passaparola. Da quella volta sono passati appunto vent'anni. Il Liga ha realizzato quindici album, venduto sei milioni di dischi, tenuto oltre seicento concerti. Molti anche nella nostra regione, riempiendo stadi, palasport e teatri. A Trieste è venuto tante volte, la prima in una magica serata al Castello di San Giusto (poco dopo il debutto nella balera friulana), nel '99 a inaugurare proprio il PalaTrieste, l'ultima quattro anni fa, per due sere di fila al Rossetti. Ma il suo rapporto con la città è per sua stessa ammissione speciale, visto che nel 2001 l'ha scelta per girare il video di "Eri bellissima".
E quest'anno è apparsa anche in "Niente paura", il documentario di Piergiorgio Gay ispirato alla sua canzone omonima. Il concerto di questo tour (una dozzina di date nei palasport per recuperare le città non toccate da quello estivo) alterna i vecchi classici con i brani del nuovo album. Da un lato dunque "Certe notti", "Il giorno di dolore che uno ha"; "Piccola stella senza cielo", "Le donne lo sanno", "Questa è la mia vita", "Ho perso le parole", "Urlando contro il cielo", ma anche una "Ti chiamerò Sam (se suoni bene)", solo acustica, che stava in "Lambrusco coltelli rose e popcorn", il secondo album uscito nel '91. Dall'altro le tre già citate, "Un colpo all'anima", "Atto di fede", "Ci sei sempre stata"... Canzoni che hanno velocemente affiancato quelle più antiche nell'affetto dei fan.
Come dimostrano l'accoglienza del pubblico triestino ma anche la scelta dell'artista di ripubblicare due settimane fa l'album in un cofanetto, che oltre al cd originale, uscito nel maggio scorso e ancora ai vertici delle classifiche, propone un dvd registrato dal vivo nel tour estivo e un secondo cd con le stesse canzoni rifatte in chiave acustica. «Ognuno di noi ha i propri fantasmi - dice Ligabue per spiegare quello strano titolo, "Arrivederci, mostro!" -, le ossessioni, le cose che conosce anche bene e se non le conosce bene sono comunque lì che lavorano costantemente. Io ho fatto cinquant’anni da poco: ci frequentiamo da tanto, io e i miei fantasmi, per cui riuscire a riconoscerli mi dà la sensazione di poterli salutare anche affettuosamente. Non è un addio perchè non ho la presunzione di pensare che se ne vadano per sempre. È come la sensazione di essermi un po’ liberato...».
Parole di un uomo e un artista intelligente, sensibile, mai banale. Che ha debuttato a trent'anni, ha raggiunto il successo subito, e continua a distanza di un ventennio a essere uno dei migliori protagonisti della musica italiana. Versatile al punto da aver dato in questi anni ottima prova di sé anche come regista e scrittore. Con lui, ieri sera sul palco del PalaTrieste, una bella band di sei elementi, capitanati dal fido chitarrista Federico Poggipollini, con lui praticamente dai lontani esordi.
Pubblico di tutte le età, a dimostrazione della capacità dell'artista di comunicare anche con i giovani e i giovanissimi. Sul maxischermo, immagini in presa diretta dal concerto, ma anche filmati, citazioni, facce: Pasolini e Calvino, De Andrè e Lennon, Kennedy e Dylan. Una passerella permette al rocker di avvicinarsi più volte al pubblico. Che puntualmente va in delirio. Mille telefonini lo inquadrano. Per fermare un sogno di rock'n'roll che dura, con lui, da vent'anni. Ma non sembra intenzionato a interrompersi. Alla fine, fra i bis, una dolente ed emozionata "Buonanotte all'Italia" sembra cantata col pensiero a questo nostro povero paese scassato.
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