GRISHAM / IO CONFESSSO
Si può essere uno scrittore miliardario, che vende in tutto il mondo da oltre vent’anni svariati milioni di copie dei propri romanzi, alcuni dei quali diventati film di successo, ed essere al tempo stesso protagonista di primo piano della sacrosanta battaglia di civiltà contro la pena capitale? Si possono coniugare fiction e impegno civile, libri gialli popolari fra la gente e appassionata battaglia contro la pena di morte? Yes, ...”he” can. Sì, è possibile.
Lui è John Grisham, l’inventore del legal thriller, che dopo un paio di prove perlomeno incerte (il precedente ”Ritorno a Ford County” sembrava l’opera di uno stanco autore di successo intento a raschiare il fondo del barile...), torna con questo buon ”Io confesso” (Mondadori, pagg. 437, euro 20): ovvero di nuovo un avvincente legal thriller di quelli che ti incollano alla pagina, ma anche uno spietato e documentato atto d’accusa contro quella pena di morte ancora in vigore in tanta parte del ”democraticissimo” continente a stelle e strisce.
La trama. Travis Boyette, malato di tumore al cervello, in libertà vigilata dopo varie condanne per reati sessuali, rivela al reverendo Keith Schroeder di aver violentato e ucciso anni prima una giovane studentessa bianca, Nicole Yarber. Per quell’omicidio, in una piccola città del Texas, è stato accusato e incredibilmente condannato a morte un coetaneo della ragazza, il nero Donté Drumm. Che si è sempre proclamato innocente, mentre la sua famiglia e Robbie Flak, il suo avvocato, si sono battuti per nove anni con ogni mezzo per dimostrarlo.
Ora la condanna sta per essere eseguita, ci sono solo pochi giorni per ottenere una sospensione, per riesumare il cadavere nel bosco dove l’assassino dice di averlo sepolto, per dimostrare così che Travis non è il solito mitomane che salta fuori alla vigilia di un’esecuzione. Una spasmodica lotta contro il tempo, che vede il reverendo e l’avvocato tentarle tutte per ottenere un rinvio...
Per 289 delle 437 pagine dell’edizione italiana del libro - titolo originale ”The confession”, sottotitolo ”Un innocente sta per essere giustiziato, solo un criminale può salvarlo” - il lettore aspetta l’happy end. E il cinquantacinquenne scrittore americano riesce a tenerlo incollato al racconto, proprio come aveva fatto in passato con le sue opere migliori: ”Il momento di uccidere” (il debutto dell’89), ”Il socio”, ”Il cliente”, ”L’uomo della pioggia”, ”Il rapporto Pelikan”, ”La giuria”... E in questo sta la sua arte, il suo grande mestiere affinato con gli anni e l’esperienza.
Stavolta c’è qualcosa di più. Prima del successo come scrittore, Grisham ha esercitato la professione di avvocato ed è stato eletto per i Democratici alla Camera dei Rappresentanti del Mississippi. Sviluppando una posizione molto critica nei confronti del sistema giudiziario americano. Ora, con una (piccola) parte dei proventi delle sue opere, ha fondato l’associazione ”Innocence Project”, che ha già al suo attivo la scarcerazione di oltre duecento persone ingiustamente detenute e liberate grazie alla prova del Dna.
Ma la sua battaglia più grande è quella per l’abolizione della pena di morte. Ci sta lavorando almeno dal ’94, quando si scontrò contro questa vera e propria vergogna americana mentre si documentava per la stesura del romanzo ”L’appello”. Una vergogna che appare come una contraddizione interna al sistema penale Usa, dovuta a quello scontro tra una cultura garantista, ancorata ai principi del giusto processo, e un approccio che considera la pena di morte come la sanzione estrema, confermata dalle ultime sentenze della Corte Suprema federale.
Sono soltanto sedici su cinquanta gli stati americani nei quali la pena di morte è stata abolita, oppure la sua esecuzione è stata sospesa. In ciò gli Stati Uniti si pongono in controtendenza rispetto alla Moratoria universale della pena di morte sostenuta dall'Onu ma anche rispetto all’indirizzo abolizionista ormai prevalente a livello internazionale. Negli ultimi decenni l’estremo atto punitivo dello Stato si è via via riempito di un contenuto diverso: il rimedio diretto ad arrecare conforto alle vittime del reato, una sorta di "programma di sollievo" per i parenti delle vittime, al fine di rendere l'idea della pena di morte più accettabile da parte dell'opinione pubblica.
Grisham si batte contro tutto questo. E lo fa con l’arma dei suoi romanzi, non preoccupandosi del fatto che milioni di americani - e non solo di americani - sono tuttora favorevoli alla pena di morte. Di fronte ai suoi pesanti e appassionati atti d’accusa il pubblico yankee spesso si irrita e ciò ha una conseguenza negativa anche sull’andamento delle vendite dei suoi libri. L’Italia e l’Europa, per ora, vanno in una direzione opposta. E gli restituiscono quanto gli viene sottratto - a livello di successo e di copie vendute - in patria. Sapendo comunque che una battaglia come la sua non ha prezzo.
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