sabato 23 luglio 2011

AMY WINEHOUSE +




LONDRA

La cantante inglese Amy Winehouse è stata trovata morta nel suo appartamento londinese a Camden Square. Aveva 27 anni. Era stata lungamente in cura per droga e alcol. Secondo notizie rimbalzate su Twitter, sarebbe rimasta vittima di un'overdose. La polizia: «Circostanze da chiarire».



di CARLO MUSCATELLO

Amy non ce l’ha fatta. E il suo nome va ad aggiungersi alla lunga, luttuosa lista di protagonisti del mondo del rock che hanno perso la propria personale battaglia contro le dipendenze da droga e/o alcol.

Amy come quarant’anni fa Janis Joplin, e Jimi Hendrix, e Jim Morrison. Tutti accomunati dalla stessa giovane età, ventisette anni, e dallo stesso destino: il successo, la fragilità, le sostanze, l’incapacità di venirne fuori - come pure tanti protagonisti musicali in questi decenni sono riusciti a fare - e infine la caduta.

Era nata a Enfield, nel Middlesex inglese, il 14 settembre ’83. Famiglia ebraica, padre di origine russa. Si avvicina alla musica già da bambina: a dieci anni fonda un gruppo rap, a sedici è già professionista, a venti esce il primo album, “Frank”. La sua splendida voce nera viene paragonata a quelle di Sarah Vaughan e Macy Gray. Il disco ha successo. Ma il botto arriva nel 2006, con l’album “Back to back” e il singolo apripista “Rehab”. Che sta per “riabilitazione” e parla già del suo rifiuto di disintossicarsi dall'alcol e dalla droga. Il problema dunque ha radici lontane.

Droga o non droga, nel 2008 la cantante vince cinque Grammy Award. E’ la consacrazione. Ma nel frattempo i giornali inglesi scrivono di una donna “clinicamente affetta da psicosi maniaco-depressiva che rifiuta le cure”. Lei ammette di aver sofferto di disordini alimentari: un po' di anoressia, un po' di bulimia. «Non sono del tutto a posto - dice - ma credo che nessuna donna lo sia». Le cose sono un po’ più complicate.

Le cronache di questi anni sono un susseguirsi di incidenti, apparizioni in pubblico in stato confusionale, episodi di molestie, esibizioni interrotte, intossicazioni, ricoveri in clinica, ricadute, promesse con le gambe corte. Dichiara: «Mi diverto molto certe notti, ma poi esagero e rovino la serata col mio ragazzo. Sono veramente un'ubriacona...».

Viene arrestata in Norvegia, e subito rilasciata dietro pagamento di una cauzione, per possesso di marijuana. Su Youtube appare in un video mentre fuma crack e ammette di avere preso “sei valium per calmarsi”. Ma ciò non le impedisce di incantare, nel giugno 2008, il pubblico londinese accorso ad Hyde Park per il concertone in onore dei novant’anni di Nelson Mandela.

Dicevano che la sua ultima cura per disintossicarsi dall’alcol avesse avuto successo. Ma un mese fa, il 18 giugno, al concerto di apertura del suo tour europeo, a Belgrado, i ventimila accorsi ai piedi della fortezza Kalemegdan per applaudirla si sono trovati dinanzi, dopo un’ora di attesa, una donna ubriaca assolutamente non in grado di reggersi in piedi né di connettere, figuriamoci di tenere un concerto rock. E l’hanno sonoramente fischiata.

Tempo un paio di giorni, l’annuncio ufficiale: tour annullato. Compresa ovviamente l’unica data italiana prevista, il 16 luglio al Summer Festival di Lucca. La Rete intanto rilancia le impietose immagini di Belgrado.

Il resto è storia di ieri. Secondo il Sunday Mirror, Amy Winehouse sarebbe morta a causa di un cocktail di farmaci e droghe. E i suoi amici negli ultimi tempi avevano più volte espresso il timore in merito al suo “consumo di vodka, totalmente fuori controllo”.

Ricordiamola come la grande interprete che era. Un talento raro, spazzato via da una deriva autodistruttiva che doveva e forse poteva essere fermata.

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