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sabato 26 gennaio 2013
stasera parte da udine tour di REMO ANZOVINO
Da Pordenone a New York e ritorno. Con ripartenza alla volta di Londra, e poi Shangai, Hong Kong, Macao. È il viaggio attorno al mondo di Remo Anzovino, pianista e compositore (nonchè avvocato penalista), che oggi alle 20.45 comincia il nuovo tour al Palamostre di Udine, dove presenterà l’album “Viaggiatore immobile”.
«Suonerò a New York - spiega il musicista pordenonese, classe ’76 - il 6 marzo, al club Iridium di Broadway. Ci sono appena stato con i miei discografici, per un sopralluogo in quello che è attualmente uno dei locali di riferimento della scena musicale newyorkese e per incontrare alcuni promoter americani».
Un sogno che si realizza?
«Non nascondo che sono molto eccitato, per me è un sogno che si realizza. Un sogno che coltivo sin da quand’ero un ragazzino. Sono felice anche del locale, vi hanno suonato da Mike Stern a Keith Richards. Un luogo dunque assolutamente trasversale, fra jazz e rock».
Trasversale come lei?
«Mah, devo dire che quello che all’inizio sembrava essere un handicap, col passare del tempo è diventata la mia forza. La forza della trasversalità, dell’essere quasi inclassificabile, di non sapere dove sistemarmi».
Si classifichi lei.
«Faccio musica narrativa, scrivo piccoli racconti che parlano della nostra realtà di tutti i giorni, disegno sulla tastiera del pianoforte i volti degli esseri umani che incontro per strada. Le mie sono pagine bianche scritte dalla fantasia di chi ascolta. Certo, uso più linguaggi, dal rock al jazz, dal genere popolare a quello colto, a cose più eleganti. In questo sono contemporaneo».
Ma ha cominciato al Festival del muto di Pordenone.
«Quell’esperienza è stata per me di grande importanza, è un bagaglio prezioso che mi porto ancora appresso. Allora commentavo i vecchi film muti. Ora parlo del presente, del nostro tempo, fotografo la realtà che viviamo oggi. Ma sempre con quella tecnica di commento».
Il viaggiatore immobile?
«È il mio pianoforte a coda, troppo ingombrante per essere trasportato, e che dunque può viaggiare solo con la fantasia. In realtà siamo tutti viaggiatori immobili: ovunque siamo, in ufficio o in fabbrica o davanti al computer, una parte di noi è in viaggio con la mente».
La sua è la colonna sonora di questo viaggio?
«È quello che tento di fare, descrivere coi suoni quel nostro territorio personale, privato, intimo. Tutti noi siamo impegnati in un viaggio della fantasia, dei desideri, soprattutto in questo momento così difficile».
Oliviero Toscani?
«Un’altra bella favola che mi è capitata. Nel giugno scorso ha assistito a un mio concerto a Pordenone. Alla fine era così entusiasta che ha lanciato lui la standing ovation. Poi mi ha fatto degli scatti, uno è finito sulla copertina del disco. Davvero un grande regalo».
Il Vajont?
«Avevo dieci anni la prima volta che i miei genitori mi portarono sul luogo della tragedia, di quella che considero una strage di stato. Un ricordo per me indelebile. Il simbolo dell’incapacità dell’uomo di capire e rispettare la natura. Tutti hanno tentato di cancellare la memoria di quelle duemila vittime innocenti».
Tranne Marco Paolini.
«Lui ha rotto il silenzio. Grazie a lui tanti italiani che in quella tragica notte dell’ottobre del ’63 non erano ancora nati sanno che cosa è successo. Paolini ha detto che i silenzi non dovrebbero essere osservati, ma cantati. È stato così che alla fine di un disco che è un omaggio alla fantasia, il mio ideale viaggiatore si ferma dinanzi a un posto terribilmente vero: una diga che è il simbolo di una tragedia, ma anche di un popolo».
Fa ancora l’avvocato?
«Quest’anno poco, è un periodo molto musicale. Ma in generale sì, continuo la professione. Ho la fortuna di potermi dividere fra due cose che amo. Perchè a me piacciono entrambe queste due attività».
Come Paolo Conte.
«L’ho incontrato che avevo quindici anni, gli chiesi un consiglio per un giovane aspirante musicista, mi disse di non copiare mai le musiche degli altri. Una cosa che può sembrar banale, ma che col senno di poi mi ha segnato. rimango infatti convinto che bisogna ascoltare, studiare le musiche degli altri. Mangiarle, digerirle, poi “sputarle” e rifarle tue. Amo pensare alla musica come alla cucina, ricca di sapori, di spezie...».
Stasera a Udine Remo Anzovino cucinerà e offrirà la sua musica con una band multietnica e le voci maschili del Coro polifonico di Ruda. Il tour proseguirà fino all’estate. Trattative in corso per una tappa a Trieste, a primavera.
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