martedì 7 gennaio 2014

BOMBINO 12-2 A TRIESTE

Lo hanno già soprannominato il “Jimi Hendrix del deserto”, ma il suo vero nome è Omara Moctar, in arte Bombino. Berbero originario del Niger, persino Keith Richards è rimasto impressionato dalle sue doti chitarristiche, già apprezzate dal pubblico italiano lo scorso anno, nei concerti al “MiTo” di Milano e al Romaeuropa Festival di Roma, nell’ambito del suo trionfale tour europeo. Bombino sarà a Trieste, al Teatro Miela, il 12 febbraio, nell’ambito del suo primo tour italiano, che partirà il 16 gennaio da Milano, per proseguire a Lecce il 17, a Firenze il 18 e - dopo la tappa nel capoluogo giuliano - il 13 febbraio a Bologna, il 14 a Siena, il 15 a Torino. Ma vediamo di sapere qualcosa di più, di questo astro nascente del “Tuareg blues”, o “Desert blues” che dir si voglia. Nato e cresciuto ad Agadez, Niger, nord dell’Africa, è un discendente della tribù dei Tuareg Ifoghas, che lotta da secoli contro il colonialismo e l’imposizione dell’Islam più severo. A dieci anni la sua famiglia scappa in Algeria. Si narra che il ragazzo trovi in casa una chitarra dimenticata da parenti, che diventa il suo “giocattolo” preferito, da cui non si stacca mai e con la quale diventa in breve abilissimo. Allievo di Haia Bebe, celebre chitarrista Tuareg, ben presto entra a far parte della sua band, nella quale il suo talento non passa inosservato. È lì che gli danno il soprannome di Bombino, semplice storpiatura dell’italiano “bambino”. Ed è in quegli anni che comincia ad appassionarsi a Jimi Hendrix e Mark Knofler, esercitandosi sull’ascolto dei loro dischi. Costretto a fuggire in Burkina Faso in seguito all’assassinio di due membri della band, uccisi in una rivolta, nel 2009 un incontro con il regista Ron Wyman gli cambia la vita. Impegnato a girare un documentario sulle tribù Tuareg, il regista rimane affascinato dalla storia e dalle doti del chitarrista e gli dedica gran parte del filmato. Poi gli produce “Agadez”, suo vero esordio discografico da solista, dopo “Group Bombino - Guitars from Agadez, volume 2” (che era un disco con il gruppo). La sua fama cresce, viene invitato in vari festival musicali, Keith Richards lo chiama per una collaborazione. E Dan Auerbach dei Black Keys gli produce e gli fa incidere nei suoi studi di Nashville “Nomad”, il suo terzo album, uscito nella primavera dell’anno scorso su etichetta Nonesuch/Warner. Il disco viene celebrato dalla critica più attenta come l’incontro del “desert rock” con il blues, impreziosito dalla voce intensa e dalla tecnica chitarristica del nostro. Le sonorità ricordano quelle dei Tinariwen, musicisti maliani del deserto, ma nelle melodie dettate dalla chitarra si ritrova lo spirito della resistenza e della ribellione delle sue genti. “Nomad” è stato per varie settimane al primo posto della classifica degli album world di iTunes. Rolling Stone America e Npr Radio lo hanno inserito nella classifica dei cinquanta migliori album del 2013. Un appuntamento insomma importante che - in attesa dei nomi che completeranno l’estate musicale triestina, dopo il colpaccio dei Pearl Jam il 22 giugno allo Stadio Rocco - arricchisce una stagione che promette faville. Come si ricorderà, si comincia il 20 gennaio con la Glenn Miller Orchestra e il 3 febbraio con i Perpetuum Jazzile, entrambi al Rossetti. Si prosegue l’11 febbraio con Antonello Venditti sempre al Rossetti e il 12 con Max Pezzali al PalaTrieste (purtroppo in coincidenza proprio con Bombino, anche se si tratta di artisti con pubblici diversi). E ancora Elisa il 29 marzo al PalaTrieste e la chitarra dell’australiano Tommy Emmanuel il 2 maggio al Rossetti.

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