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mercoledì 16 aprile 2014
BASSEKOU KOUYATE, dal Mali a Trieste
Si è imposto negli ultimi anni come uno dei protagonisti più importanti della fertile scena musicale africana. Bassekou Kouyate - che domani alle 21 si esibisce a Trieste, al Teatro Miela, assieme al suo gruppo Ngoni Ba - arriva dal Mali e recentemente si è aggiudicato vari premi internazionali, fra cui due Bbc3 Awards: per il miglior album nella categoria “world music” per il disco “Segu Blue” e come miglior artista africano.
«A casa ho respirato musica sin da piccolo - spiega il musicista, classe 1966 -, erano infatti musicisti mio padre, mio nonno e mio bisnonno. Io ho imparato da mio padre. E ora insegno ai miei figli. La tradizione di famiglia continua, insomma».
La musica del Mali?
«La musica dei griots (sorta di poeti e cantori che tramandano la cultura popolare - ndr) ha molta forza da noi perché sono loro che hanno sempre avuto la prerogativa della musica. Sono anche dei punti di riferimento per la gente: quando emergono problemi, o in caso di guerre, è a loro che ci si rivolge. Sono considerati dei saggi a cui chiedere consiglio».
Quando ha scoperto la musica occidentale?
«Quando ho cominciato a lavorare con Toumani. Con lui sono partito per il Belgio nel 1989. Era la prima volta che uscivo dal mio paese ed è stato uscendo che ho cominciato ad ascoltare anche la musica occidentale».
Dall’Europa agli Stati Uniti.
«Sì, nel 1990. Gli americani volevano sapere da dove deriva il banjo. Ci sono andato per presentare lo “ngoni” e mostrare che il banjo deriva dallo “ngoni”. È là che sono entrato in contatto con Taj Mahal, Bela Fleck, Bonnie Raitt e molti altri, molti dei quali suonatori di banjo».
Lo “ngoni” è il vostro “strumento nazionale”.
«Sì, è un liuto a tre o quattro corde costituito da una piccola zucca allungata sulla quale è montata una pelle di capra. Io l’ho trasformato in strumento solista, aggiungendo delle corde per ampliarne le potenzialità e sperimentando anche le sue possibilità elettriche».
Blues e jazz?
«Vengono dalla mia musica. In particolare dalla mia regione, la quarta regione del Mali, il blues viene proprio da lì. Quando ascolti la musica del mio bisnonno, di mio nonno e i blues americani del Mississippi ti accorgi che sono la stessa cosa. Sono gli afroamericani che hanno portato il blues e il jazz oltreoceano: settecento anni fa hanno lasciato l’Africa e hanno portato in America anche il n'goni, che poi è diventato il banjo».
Carlos Santana?
«L'ho conosciuto all'Africa Fête, un evento organizzato negli Stati Uniti al quale abbiamo partecipato io, Toumani, Baaba Maal. Abbiamo fatto una tournée con Taj Mahal negli Stati Uniti, con molte date in molti stati diversi. Quando siamo arrivati a Los Angeles, c'era Santana: lo abbiamo invitato sul palco e quella è stata la prima volta che abbiamo suonato tutti insieme. Quello è stato il primo contatto con Carlos Santana».
Il pubblico occidentale?
«È diverso da quello africano. Il pubblico del Mali conosce la mia musica, conosce le parole che si usano nei nostri canti, nella nostra lingua. Tutti le conoscono. Il pubblico occidentale ascolta le armonie, è attratto dal fascino della musica. Ovviamente non capisce i testi».
Conosce l’Italia?
«Vi sono già stato con la mia band, ho suonato in vari festival. Purtroppo non conosco molti musicisti italiani, comunque adoro il vostro Paese, il vostro cibo, la pasta...».
Cosa suona a Trieste?
«Una musica incredibile, come la gente non ha mai sentito. E sono felicissimo perché sono con mia moglie e i miei figli, è la prima volta che suono anche con loro. Suoneremo la musica africana, la musica del Mali. E sarà una sorpresa per tutti. La mia è musica universale...».
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