mercoledì 23 aprile 2014

DISCHI, PAOLO NUTINI, Caustic love

Scozzese, classe 1987, Paolo Nutini deve nome e cognome al padre di origini toscane. Pubblica “These streets” nel 2006, appena diciannovenne, e si fa subito notare per la voce nera e già adulta. Per il secondo album aspetta tre anni, s’intitola “Sunny side up” e l’attesa è tale che debutta direttamente al primo posto in classifica e alla fine del 2009 risulta uno degli album più venduti nel Regno Unito. Sono passati altri cinque anni, a dimostrazione del fatto che il ragazzo non è uno che si fa prendere dalla fretta, in un mondo dove tutto sembra ostaggio della velocità e della fretta, e questo nuovo “Caustic love” (Atlantic Records) potrebbe essere il disco del definitivo salto di qualità, il lavoro in grado di trasformare un ragazzo di belle speranze in un autentico numero uno. Registrato fra Valencia e Londra, Glasgow e gli Stati Uniti, anticipato due mesi fa dal singolo “Scream (Funk my life up)”, presentato anche al Festival di Sanremo, l’album profuma di anni Settanta, di musica nera, di roba buona. Suona molto vintage, insomma, e ciò finisce per diventare un pregio in un mondo, come quello della musica contemporanea, che sembra costretto a pescare sempre nello scrigno del passato le proprie cose migliori. Nutini (gli inglesi pronunciano: “Nadini”...) canta soul che sembra uscito da un catalogo della Motown o della Stax Records, richiama le lezioni immortali di James Brown e Marvin Gaye, a tratti ricorda persino il primissimo Joe Cocker. La sezione di fiati opportunemente inserita fa il resto. Merito del babbo toscano, che da ragazzino gli ha fatto ascoltare ore e ore di buona musica anglosassone dei decenni Sessanta/Settanta. Il disco è scritto, arrangiato, suonato e cantato come meglio non potrebbe. Ascoltare per credere una ballatona come “Better man”, le tentazioni funky di “Scream”, il duetto con Janelle Monea in “Fashion”, un piccolo capolavoro come “Iron sky” (con tanto di citazione chapliniana infilata fra eleganti cadenze psichedeliche). Qualcuno ha storto il naso dinanzi ai frequenti cambi di stile, atmosfera e direzione fra un brano e l’altro. Ma è una versatilità che a nostro avviso non disturba, anzi, rendendo l’album più vario e gradevole. E Nutini dimostra la personalità giusta, quasi da bluesman navigato, a dispetto della giovane età, per condurre l’ascoltatore per mano fra i vari episodi. L’artista italo scozzese torna nella “sua” Italia a luglio. Debutto il 16 da Genova, poi varie tappe, fra cui il 17 a Piazzola sul Brenta, Padova, per l’Hydrogen Festival. Ha promesso che prima o poi si mette d’impegno e impara l’italiano...

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