Ma che tristezza. Una delle più belle e importanti storie della canzone italiana, il binomio Mogol Battisti, che finisce a colpi di denunce, sentenze di tribunale, appelli e controappelli... Per di più quando uno dei due protagonisti, Lucio Battisti, scomparso a soli 55 anni il 9 settembre 1998, non è più fra noi.
La vedova dell’artista, Grazia Maria Veronese, in tutti questi anni ha impedito con ogni mezzo l’utilizzo delle canzoni che il marito aveva scritto con Giulio Rapetti Mogol. Tanti festival e rassegne (ne ricordiamo in passato anche a Trieste e a Muggia) si sono visti inibiti l’utilizzo del nome del cantante e autore di Poggio Bustone. Ora una sentenza del Tribunale di Milano, al quale si è rivolto Mogol, ha escluso che la condotta della signora abbia integrato un illecito come amministratore della società di edizioni musicali che gestisce i diritti del repertorio, la Edizioni Musicali Acqua Azzurra, della quale è socio anche lo stesso Rapetti. Ma nel contempo ha condannato la stessa società a pagare all’autore delle parole delle tante canzoni che hanno segnato un’epoca la somma di 2,6 milioni di euro.
All'indomani della sentenza, la vedova Battisti affida al suo legale una puntuta replica: «Leggiamo interpretazioni opportunistiche e fuorvianti della sentenza. La causa è stata iniziata nel 2012 allo scopo di sentire condannare la signora Veronese a pagare 8 milioni di euro (la richiesta iniziale - ndr) di risarcimento del danno, per aver ostacolato lo sfruttamento commerciale del repertorio Mogol/Battisti. L'obiettivo era mettere le mani in tasca della signora Veronese, aggredire il suo patrimonio, annientarla economicamente; dopo averla per anni pubblicamente additata come la vedova che mangia i bambini. Ma l'obiettivo, alla luce della sentenza, può dirsi miseramente fallito».
Insomma, botte da orbi. Ma forse gli uni e gli altri non comprendono che le canzoni di Mogol e Battisti appartengono ormai da tempo a tutti colore che le hanno amate. E continuano a farlo.
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