RAMPINI
C'è un Paese che sembra sul punto di crollare. Zavorrato da un’economia malata, una politica mai all’altezza, una scuola disastrata, una ricerca su cui non si investe, un sistema bancario inefficiente, una burocrazia che... Si potrebbe continuare a lungo, enumerando i mali alla base della crisi italiana. Ma c’è chi preferisce parlare di ricette per batterla, la crisi. Con «Centomila punture di spillo» (Mondadori, pagg. 318, euro 17), l’editore Carlo De Benedetti e il giornalista Federico Rampini - assieme a Francesco Daveri - raccontano come, secondo loro, è possibile uscire dal tunnel.
«Le centomila punture di spillo che ognuno di noi può fare - spiega Rampini, corrispondente di ”Repubblica” da Pechino, ma nelle settimane scorse inviato negli Stati Uniti per seguire la crisi finanziaria e l’elezione di Obama - sono tante: ciascuna dipende dalla nostra situazione, dall’attività, dal fatto se uno è giovane o no...».
Cominciamo dai giovani.
«Nelle scelte di studio devono fare uno sforzo per aprirsi sul resto del mondo. È importante integrare nel percorso di studio l’apprendimento di varie lingue straniere, con esperienze di studio e lavoro all'estero. Devono allungare lo sguardo verso nuove frontiere di sviluppo».
Una riforma dal basso è davvero possibile?
«È dimostrato che si può fare. Ci sono paesi che hanno conosciuto fasi di forte declino e poi sono ripartiti, in una sorta di rinascimento della loro storia. Lo hanno fatto perchè hanno avuto classi dirigenti migliori delle precedenti, ma anche grazie a uno sforzo della società civile. Un po’ come il miracolo della ricostruzione del nostro dopoguerra: anche allora c’era mediocrità nel ceto politico, ma lo sforzo corale della società, partendo da una situazione più difficile dell'attuale, è stato fondamentale».
Quali sono i pesi che zavorrano la nostra economia?
«Da decenni una scarsa modernizzazione delle infrastrutture, il decadimento della scuola e dell’università, il peso della burocrazia, una giustizia civile che non funziona».
Anche quella penale non scherza.
Certo, ma incide più sul senso di sicurezza che non c’è. C’è invece una logica mafiosa che non è solo quella di Gomorra, che ha pervaso tanti settori della vita italiana: strade e carriere vengono decise secondo logiche di clan e obbedienza. I mediocri avanzano, e i migliori vanno all'estero».
La scuola?
«Occorre un esame di coscienza collettivo. Gli errori del governo sono evidenti, ma le colpe vanno distribuite fra insegnanti, famiglie e studenti. C’è una complicità di sistema. E con la logica delle promozioni facili non si va da nessuna parte».
Il crollo finanziario è arrivato a libro scritto.
«Sì, ma confermo tutto: avevamo chiaro da un anno cosa stava succedento, i segnali c'erano tutti, il libro include già la crisi finanziaria e quel che è successo. Guardiamo già al mondo di domani. Mi stupisce piuttosto lo stupore di certi dirigenti e ministri, che fanno finta che tutto sia successo negli ultimi mesi. Ma a Davos, a febbraio, già si parlava di recessione mondiale, di banche che potevano fallire».
Il libro si chiude con una nota di ottimismo: da dove lo trae?
«Dalla vita che faccio all'estero, da cinque anni a Pechino e prima in California. In Asia ho visto un miglioramento in quantità e qualità della presenza italiana: dalle imprese che trattano energie verdi e risparmio energetico fino a chi ha lo ”know how” per il restauro dei centri storici. L’immagine dell’Italia è sempre forte nel mondo, anche nei paesi emergenti».
I mali italiani?
«Assistenzialismo, statalismo, dirigismo e protezionismo. Ma nel libro non c’è polemica con la politica italiana: indichiamo le cose che possiamo fare nella vita quotidiana per preparare la rinascita del Paese».
Su cosa puntare?
«Sulla tutela dell’ambiente, che è un dovere ma anche un’opportunità e un investimento altamente redditizio, creatore di posti di lavoro. E poi dobbiamo guardare alla sponda sud del Mediterraneo come alla nostra Cina. Le economie emergenti più vicine sono ricche di opportunità per noi. La società multietnica è un arricchimento...».
E Obama?
«Ha alcune emergenze da affrontare, deve tamponare la crisi. Ma ha in mente cantieri di riforma di lungo termine: modernizzazione delle infrastrutture, investimento in energie rinnovabili, istruzione, sanità. Può farcela, può invertire la tendenza. Obama è un catalizzatore di energie individuali, lui stesso è già il risultato di centomila spunture di spillo».
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