martedì 25 novembre 2008

SABINA GUZZANTI


di CARLO MUSCATELLO

UDINE «Il problema vero non è la satira, ma la mancanza di informazione. Viviamo in un regime autoritario, nel quale non è possibile esprimere dissenso. Mancano gli spazi liberi per i punti di vista diversi. Che dunque chiedono ospitalità al teatro, al cinema, alla satira, appunto...».

Sabina Guzzanti - il cui «Vilipendio Tour» fa tappa stasera alle 21 al «Nuovo» di Udine - è il solito, antagonista fiume in piena. Ce l’ha con Berlusconi («anticostituzionale»), con il centrosinistra che «non fa l’opposizione», con i giornalisti che «non fanno le domande», ovviamente con la Carfagna («il fatto che sia ministro è una vergogna»), persino con il Papa che «non può interferire nella vita politica italiana». Ci fermiamo qui, anche se la lista - se ne accorgeranno stasera gli spettatori friulani - è ancora molto lunga.

Piazza Navona: «la madre» di tutti i vilipendi?

«Forse. Quella manifestazione è stata un’esperienza per me molto importante, che ha costretti molti gruppi di potere a gettare la maschera, a far vedere a tutti come reagiscono dinanzi a espressioni legittime di dissenso».

Si spieghi.

«Quando dico che avere la Carfagna come ministro (con sotto la firma di Napolitano) è una vergogna, o che il Papa non può interferire con la vita politica italiana, le piazza si entusiasmano. Ma com’è allora che i giornali di sinistra, ”Repubblica” in testa, mi attaccano quasi più di quelli della destra?».

Appunto: com’è?

«È la prova del regime. E che c’è una vera e propria oligarchia contro il dissenso, gruppi di potere che come risultato ultimo permettono al manovratore di agire indisturbato».

Ammetterà che il regime era un’altra cosa.

«Quello fascista sì. Infatti non ho mai detto che siamo in un regime fascista. Quello che Berlusconi ha creato è piuttosto un regime autoritario. C’è un Parlamento formato da persone che non sono state elette ma nominate, visto che non si possono esprimere le preferenze. Alla magistratura stanno mettendo il bavaglio. E l’informazione non è libera».

Giornalisti complici?

«Non tutti, certo, ma è un dato di fatto che nelle redazioni non c’è democrazia. Se non scrivi quello che va bene al tuo editore non hai più spazio, ti mettono da parte, vieni sostituito. Magari da un precario che è più ricattabile. Chi avrebbe il potere per fare vero giornalismo accetta di non farlo per salvare se stesso e i suoi».

Eppure lei è appena tornata in tivù.

«Io in televisione non posso fare un programma mio ormai da anni. Posso fare solo l’ospite, e Santoro ha dovuto battagliare non poco per potermi invitare. Eppure per il chiacchiericcio dei politici in tivù c’è sempre spazio. Ormai sembrano una compagnia di giro».

Gli studenti?

«Lì il discorso cambia. Intanto basta con questa storia che sarebbero una minoranza. In ogni città dove porto lo spettacolo mi invitano ai dibattiti nelle università, e ho sempre trovate aule strapiene. Proprio come le loro manifestazioni. E poi sono vivi, senza esperienza politica ma capaci di organizzarsi, ricchi di entusiasmo e buona volontà, ancora fiduciosi nella razionalità del sistema. Della serie: abbiamo ragione, dunque ci ascolteranno».

Invece...

«Invece non è così facile. Le cose non vanno in questa maniera. Devono anche capire i meccanismi perversi dei media: all’inizio tanto spazio, poi stop, vieni cancellato dai titoli di testa. E vai in crisi, perchè credi di non esistere più. Invece il primo strumento di censura è proprio quello: non darti più spazio».

Cosa ha consigliato loro?

«A loro ho detto: continuate finchè non avrete ottenuto quel che volete, state uniti e non stancatevi, perchè hanno paura di voi.</CP></CF></IP> Studiate, leggete, approfondite periodi come il Sessantotto. Sono due cose diverse, certo, ma un paragone può servire per capire come usare la propria forza. Bisogna reimparare a fare politica con passione, lottando con le proprie forze».

È un riferimento a Obama?

«Se vuole. Di certo se lui è diventato presidente è perchè, negli otto anni di Bush, una parte degli americani ha sofferto e ha lottato. Gli Stati Uniti hanno attraversato una grande crisi con l’ultimo presidente, ma evidentemente hanno un senso della democrazia più radicato del nostro. E il risultato si chiama Obama».

In Italia?

«Forse sarebbe necessario lo stesso percorso degli americani. Bisogna ricominciare a guardarsi nello specchio, capire a che punto siamo arrivati. In giro vedo molta rassegnazione, mancanza di autostima».

Dunque?

«I ragazzi che incontro nelle università - conclude Sabina Guzzanti - oggi vorrebbero vivere da un’altra parte, magari andare a vivere all’estero. Ciò dimostra che c’è molta delusione. Ma non è vero che esiste un’anomalia italiana: bisogna crederci, bisogna ripartire...».

1 commento:

  1. Sono d'accordo con molte cose dette dalla Guzzanti, oggi non c'è cert bisogno del manganello e lo aveva capito Pasolini negli anni 60.





    Il mio blog è di satira, non penso quello che scrivo.

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