domenica 7 giugno 2009

MOGOL  AUDIO 2


Giovanni Donzelli e Vincenzo Leomporro sono due musicisti napoletani, classe 1961, il cui nome forse non dice granchè al pubblico della musica leggera. Ma se aggiungiamo che assieme formano da quasi vent’anni gli Audio 2, beh, la musica cambia.

Qualcuno ricorderà allora che fu Mina, per prima, nel ’92, a cantare una loro canzone (”Neve”, brano di punta dell’album ”Sorelle Lumière”), prim’ancora del loro debutto, nel ’93, con l’album ”Audio 2”. Disco che creò curiosità perchè non c’erano foto degli artisti in copertina, e pure qualche polemica perchè sonorità e modo di cantare richiamava da vicino il marchio di fabbrica Mogol-Battisti. Qualcuno, nel sentirlo alla radio, pensò addirittura che si trattasse del nuovo lavoro del grande Lucio.

Passano gli anni. Battisti purtroppo non è più fra noi (anche se le canzoni che ci ha lasciato per fortuna vivranno per sempre...), gli Audio 2 vivacchiano fra altri dischi, qualche colonna sonora e un altro picco, legato ancora una volta a Mina: nell’album ”Mina Celentano”, campione di vendite nel ’98, firmano la splendida ”Acqua e sale”, di cui poi uscirà anche una versione in spagnolo con duetto fra Mina e Miguel Bosè.

Ma la musica, come la vita, a volte riserva sorprese che mai ti saresti aspettato. Per esempio una collaborazione fra quelli che erano dispregiativamente considerati ”i cloni di Battisti” e colui che con il cantante e autore di Poggio Bustone ha scritto alcune delle più belle canzoni della storia della musica leggera italiana: Giulio Rapetti Mogol (ormai il terzo non è più il nome d’arte, ma da qualche anno è stato aggiunto al nome vero anche all’anagrafe...).

L’album s’intitola ”MogolAudio2” (Carosello) è già l’aver voluto unire i due nomi nel titolo sta a dimostrare che alla base dell’operazione c’è qualcosa di più, di una semplice collaborazione fra un illustre autore di testi - il più grande e prolifico della musica leggera di casa nostra - e due cantanti e autori di musiche.

L’ha ammesso lo stesso Mogol, quando ha confessato di aver sentito per caso le musiche scritte dai due napoletani, che in passato aveva guardato con qualche sospetto (li aveva accusati «di aver costruito la propria carriera giocando sull’imitazione di Battisti»), restando invece affascinato dalla bellezza delle loro melodie.

Il risultato, va detto, è un grande disco di musica leggera. Dieci canzoni che parlano di affetti, di relazioni amicali, di rapporti fra un uomo e una donna. Mogol, prima e dopo Battisti, ha cucito spesso le sue liriche addosso alle musiche di altri autori, regalando grandi canzoni ai nostri migliori interpreti. Qui, da vecchi battistiani, possiamo chiudere gli occhi e far finta di credere al miracolo (apocrifo) di una manciata di nuove canzoni, figlie di quelle che la premiata coppia firmava trenta o quaranta anni fa. La poetica e le atmosfere sono quelle.

Fra i titoli: ”La voce di un amico” (omaggio a Celentano che però non viene citato esplicitamente, dopo che il Molleggiato si è sentito offeso e ha minacciato azioni legali: roba da matti...), ”Mister nessuno”, ”Questa sera l'universo”, ”Di notte Roma”, ”Il compromesso”...


FABRIZIO MORO


Ve lo ricordate Fabrizio Moro? È quel cantautore romano, di origini calabresi, che due anni fa vinse a Sanremo Giovani con la vibrante invettiva antimafia intitolata ”Pensa”. Ora torna a far parlare di sè con ”Barabba” (Warner), un disco di sole sei canzoni, fra le quali quella che dà il titolo al lavoro sembra ispirata dalle recenti vicende che hanno interessato Berlusconi e la diciottenne Noemi.

Sentite qua: ««Non si può avere le foto scandalistiche sui giornali, le tette di tua moglie al vento, proprio non si può portarsi a letto le ventenni quando hai settant’anni... Non si può, a meno che tu non sia il presidente del consiglio, o sua figlia o suo figlio, il ministro degli interni, o sua moglie e tutti i suoi fratelli, l'allenatore della nazionale o meglio ancora il cardinale Barabba...».

Una vera e propria invettiva contro un'Italia finita «nelle mani dei briganti», dove «i Barabba che ci governano stanno uccidendo la meritocrazia». Che sembra figlia della più recente attualità, ma che il cantautore giura di aver scritto cinque anni fa, dunque prim’ancora del suo successo sanremese.

«Berlusconi non c'entra, sarebbe come sparare sulla Croce Rossa», spiega Moro. «Il brano è rivolto alle figure istituzionali più importanti. Non l'abbiamo fatto uscire come singolo per evitare che mi accusassero di opportunismo. L'ho scritta cinque anni fa ma le cose sono sempre le stesse».

Sarà. Intanto ascoltiamo le sei canzoni del nuovo disco, prodotto assieme a Marco Falagiani, che descrive «una società dove devi essere raccomandato - dice Moro - anche per respirare. C'è solo una differenza, tra chi raccomandato ci nasce e chi la raccomandazione se la deve sudare».

Quella di Fabrizio Moro si conferma una voce contro, che ricorda un po’ quella di Rino Gaetano alla fine degli anni Settanta. «Esprimo disagi. Il sistema è sbagliato, ma la speranza non deve mai morire. Con ”Pensa” non pensavo di fermare la mafia. Sono un cantautore, non un politico, un salvatore. Il filo conduttore del disco è l'amore, che anche nel disagio sociale può darti serenità».


GIOVANNI BAGLIONI Essere figlio d’arte è compito facile e difficile al tempo stesso. Rapporti e opportunità su un piatto della bilancia, confronti e cognomi pesanti sull’altro. Immaginate poi se di cognome fai Baglioni e quando sei nato tuo padre ha scritto per te un classico come ”Avrai”...

Ma Giovanni Baglioni non canta, suona la chitarra. ”Anima meccanica” è il suo disco d'esordio e lo conferma come uno dei nomi più interessanti e originali nel panorama della chitarra acustica di casa nostra. L’album esce sulla scia del successo dal vivo. Propone dieci brani inediti dove il chitarrista dimostra una vena compositiva solida e personale, variegata nelle modalità e negli stili espressivi. Talento e tecnica sfociano in creazioni brillanti e dall'andamento sostenuto, mentre in altre occasioni l'ispirazione si fa meditativa o malinconica. «Get Up!» è il singolo di lancio. Gli altri brani sono «Pino», «Bloody Finger», «Sirena», «Anima Meccanica», «Rubik», «Quando cade una stella», «Bijoux», «L'Insonne» e «Dalla Cenere».


MOMO Nel Sanremo 2007 non c’era solo Fabrizio Moro, di cui parliamo qui a sinistra. Uno dei personaggi di quell’edizione fu senz’altro la stralunata Momo, nome d’arte della cantautrice romana Simona Cipollone. Fu lanciata dal Dopofestival di Piero Chiambretti con il brano ”Fondanela”. Ora torna con ”Stelle ai piedi”, libro e cd con perle come questa: «Quando si nasce, si nasce perfetti. È lungo la strada che cominciamo a perdere i pezzi». Oppure: «Io sono la bambina. La bambina che sorride sotto al cappello. Viviamo insieme. Lui di notte. Io di giorno. Se la giornata è fatta di ventiquattro ore, un senso ci sarà, no? Perché dovremmo sprecarne qualcuna? Le ore sono tutte uguali». O ancora: «Non è vero che il tempo passa, siamo noi che passiamo dentro di lui. E lo riempiamo di noi». Immaginifica, ironica e spesso irriverente, Momo propone tredici brani tra i quali c'è anche un piccolo omaggio a Francesco De Gregori: in ”A chi mi volle bene” ha infatti inserito una frase di un inedito del cantautore romano («sangue rosso di corallo come il giallo a maggio»). ”Autobiografia” è invece la sua prima canzone, scritta quando aveva sedici anni.

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