giovedì 15 ottobre 2009

GIANMARIA TESTA


«Dentro la tasca di un qualunque mattino, dentro la tasca ti porterei...». La voce di Gianmaria Testa, che l’altra sera ha suonato nel teatrino dell’ex manicomio di San Giovanni per la festa dei 25 anni di Radio Fragola, ha una timbrica che a tratti ricorda quella di Ivano Fossati, altre quella di Paolo Conte. E come l’avvocato di Asti ai suoi esordi, anche lui, l’ex capostazione di Cuneo, classe ’58, ha più successo all’estero - a Parigi riempie l’Olympia - che in Italia, dov’è ancora artista di nicchia.

Il suo è artigianato nobile, musica dell’anima verrebbe da dire, dalla vena introspettiva e intimista, scarna ed essenziale, che si dipana attraverso una discografia che dal ’95 a oggi ha proposto sei album in studio e un disco dal vivo. Tutte cose di qualità, dunque roba per pochi.

A Trieste il cantastorie dagli occhialini tondi si è presentato da solo, alternandosi fra tre chitarre: una acustica e due elettriche (”una l’ho comprata perchè avevo scritto un pezzo rock-blues...”). Comincia con canzoni di qualche anno fa: la citata ”Dentro la tasca di un qualunque mattino” e ”Un aeroplano a vela” (da ”Montgolfieres”, del ’95), ”Veduta aerea” e ”Comete” (rispettivamente da ”Altre latitudini” del 2003 e ”Lampo” del ’99).

Poi, fra il ricordo autoironico degli anni in ferrovia («dalla finestra del mio ufficio, più che utilizzatori finali, eravamo sospiratori iniziali...») e una poesia di Erri De Luca, fra l’omaggio a De Andrè con ”Hotel Supramonte” e una lirica del suo ex socio Piermario Giovannone, c’è tempo per le canzoni di ”Da questa parte del mare”, sorta di ”concept album” uscito tre anni fa e incentrato sul tema dell’emigrazione: quella di ieri (la nostra, non troppi anni fa) e quella di chi arriva oggi, che molti italiani affrontano senza memoria del recente passato. Ecco allora ”Seminatori di grano” e ”Rrock”, ”Una barca scura” e ”Il passo e l’incanto”, ”3/4” e ”Al mercato di Porta Palazzo”.

Nel finale, spazio anche per ”Miniera”, di Bixio-Cherubini, del ’27, unica canzone non originale dell’ultimo album in studio, ispirata a una tragedia in una miniera di carbone americana dei primi del Novecento. «Me l’aveva fatta conoscere mia madre...», dice Gianmaria Testa. Salutato da applausi assai affettuosi.

Nessun commento:

Posta un commento