lunedì 12 ottobre 2009

LAMPEDUSA / BAGLIONI


dall’inviato

CARLO MUSCATELLO

LAMPEDUSA «Ho scoperto Lampedusa nel ’98. Ero a Palermo, avevo fatto un concerto allo stadio La Favorita. Tutti mi parlavano di quest’isola. Decidemmo di venire a dare un’occhiata. Mi fermai per un mese...».

Claudio Baglioni parla del suo amore per la maggiore delle Isole Pelagie nella sua casa a strapiombo su un mare turchese, vista mozzafiato sul Nordest dell’isola: Cala Creta, Cala Calandra, Capo Grecale. La dimora è tutta bianca, con grandi spazi all’aperto che si aprono quasi ad anfiteatro naturale sul mare. Alcuni elementi richiamano i caratteristici dammusi dell’isola. Da anni, il cantautore romano passa qui i suoi periodi di riposo.

«Ma non scrivo qui le mie canzoni, il posto è troppo bello, induce a fare altre cose. Per creare - scherza, ma fino a un certo punto - bisogna star male, magari con un muro scrostato davanti...».

La settima edizione di O’ Scià è stata appena archiviata. Oggi alle 23.40 La7 propone uno speciale girato nei quattro giorni della rassegna musicale, dedicata al tema dell’accoglienza e dell’integrazione fra culture diverse. Quest’anno c’erano Alice, Fiorella Mannoia, Pfm, Gianna Nannini, Alessandra Amoroso, Marco Carta, Angelo Branduardi, Edoardo Vianello, Marco Ferradini, Daniele Silvestri...

«Volevo fare qualcosa per Lampedusa - spiega l’artista, classe ’51 - e nel 2003 ho cominciato con un mio concerto sulla spiaggia della Guitgia, come atto d'amore per l'isola e per attirare l'attenzione sul dramma dell'immigrazione clandestina. Poi, anno dopo anno, siamo cresciuti».

Ogni anno la manifestazione sembra a rischio.

«Sì, siamo sempre appesi a un filo. Il senso di O’ Scià è mettere a confronto più voci, istituzionali e non governative, per cui senza le prime non potremmo continuare. Se dovesse mancare il sostegno dello Stato non andrei avanti solo con gli sponsor privati».

Il Governo che vi appoggia è lo stesso dei respingimenti.

«Lo so. Sembra una contraddizione. I respingimenti tout court non sono da paese civile. E poi sono misure che si limitano alla superficie, l’immigrazione non è stata fermata, le persone arrivano lo stesso sulle nostre coste. Solo il 15% degli immigrati arriva con mezzi di fortuna, l'85% entra in Europa con regolari visti turistici. Chi arriva su queste spiagge non è clandestino, è visibilissimo. Questi immigrati sono i più disperati».

L’integrazione è possibile?

«È una strada lunga e difficile, ma è l'unica in grado di scongiurare lo scontro e favorire l'incontro tra le civiltà. Che poi è il senso stesso della storia dell'uomo, una storia millenaria fatta di migrazioni e di incontri. Vogliamo dimostrare che la vita è l'arte dell'incontro: il sogno è quello di sconfiggere ignoranza, pregiudizi e paure».

Parla talmente bene che la vogliono fare sindaco...

Sorride. «No grazie, ho un mestiere da quarant’anni e non vorrei perderlo proprio adesso. Caso mai, quello di riserva è l’architetto, anche se mi sono laureato solo pochi anni fa».

E questa storia del Nobel?

«Ne ho parlato con tre Premi Nobel per la pace, Adolfo Perez Esquivel, Shirin Ebadi e Betty Williams, per portare avanti l’idea di candidare Lampedusa. Sarebbe una cosa grandissima. Anche perchè il premio non è mai stato dato a una città, a un luogo. Sarebbe la consacrazione di quest'isola come luogo simbolo dell'integrazione fra le culture come unico viatico per un futuro di pace e speranza».

Nella terza serata ha duettato con suo figlio Giovanni. Emozionato?

«Un po’. L’avevo ospitato già a un mio concerto a Roma. E anche quella volta mi aveva colpito per la sua simpatica faccia tosta. Trovo sia un ottimo chitarrista, ma è meglio non dirglielo altrimenti si monta la testa...».

Quest’anno i consensi maggiori sono andati ad Alessandra Amoroso e Marco Carta, ultimi vincitori di ”Amici”.

«I talent show funzionano, anche perchè per fare carriera nella musica un altro percorso oggi non c'è. Però trovo che creino omologazione, per la tendenza di questi ragazzi a cantare un po’ tutti nello stesso modo, puntando su un vocalismo ricercato. E poi sono tutti interpreti, mancano i cantautori».

Tutti figli della tivù.

«È vero. La televisione ormai si è impadronita di tutto, non ti lascia mai. Non va bene. Anni fa mi avevano chiesto di condurre ”Operazione trionfo”, poi affidato a Miguel Bosè: rifiutai perchè provo troppa pena verso chi viene bocciato in quel modo. Tu sì, tu no... L’unico risvolto interessante dei talent show è che permettono al pubblico di capire che dietro a questo mestiere c'è studio, lavoro, preparazione».

Il prossimo disco?

«Ora comincio a lavorarci. Ma non c’è fretta...».


 

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