mercoledì 28 ottobre 2009

LIBRO BEPPINO ENGLARO


«Ho solo una certezza: il rispetto, vera espressione d’amore per Eluana e Saturna, è stato e sarà infinitamente più forte di tutto il dolore che mi porto dentro». Si conclude così, con queste parole d’infinita tristezza ma al tempo stesso di pace apparentemente e finalmente ritrovata, il libro scritto da Beppino Englaro assieme alla giornalista Adriana Pannitteri. ”La vita senza limiti” (Rizzoli, pagg. 195, euro 17) ha già nel sottotitolo la sua spiegazione: ”La morte di Eluana in uno Stato di diritto”.

Non sono passati nemmeno nove mesi da quel 9 febbraio 2009 in cui un padre testardo come sanno esserlo forse soltanto i carnici riuscì a liberare una figlia che già non viveva più da diciassette anni. Un incidente stradale, il coma irreversibile, un corpo diventato una prigione. Storia fin troppo nota, diventata miserrimo campo di battaglia per opposte fazioni etico-politiche. Diciassette anni, 6233 giorni per poter finalmente restituire dignità a una figlia tanto amata e dirle addio.

Quanta ipocrisia, quanta mancanza di sensibilità, quanto cattivo gusto in quei giorni, in quelle settimane che precedettero l’epilogo. Molti si domandavano: ma perchè un padre ha accettato di finire nel tritacarne politico e mediatico per ottenere quello che tanti altri, in analoghe e tragiche situazioni, sono costretti dagli eventi della vita a fare ogni giorno, per una persona cara, in tutti gli ospedali del mondo?

La lettura di queste pagine è al proposito illuminante. Beppino Englaro ha fatto tutto quel che ha fatto, in quei diciassette lunghi anni, per amore e rispetto della figlia ma anche e forse soprattutto della legalità. Rispetto della legalità: concetto ostico per molte persone, soprattutto in questa nostra Italia scassata, in questi tempi cialtroni e miserevoli.

«Non eravamo spinti da alcun furore ideologico - scrive Englaro quando rievoca i primi tempi della sua lunga battaglia - né volevamo imporre ad altri ciò che ritenevamo e riteniamo tuttora giusto per noi stessi. Chiedevamo solo di non essere discriminati. Ma rivendicare uno spazio per l’individuo, per le sue scelte personali, sostenere che la propria vita non appartiene agli altri è stato ritenuto un affronto e una sfida. Per questo la vicenda di Eluana faceva paura...».

Fra le righe emerge un uomo diverso da quello che l’Italia ha conosciuto nell’inverno scorso, quando divideva il Paese maneggiando un linguaggio giuridico e tecnicistico che era stato costretto a imparare. Lottava, autorizzato da una sentenza, a mettere in pratica lo stop all’alimentazione e all’idratazione forzata. A interrompere la suprema ipocrisia di una vita artificiale imposta da uno Stato che dovrebbe essere laico e si scopriva etico. Il Beppino di questo libro è invece e semplicemente un padre, un uomo riservato che racconta il dramma indicibile toccato a lui e alla sua famiglia.

Un capitolo, ”La ricerca della squadra e della struttura”, parla del ruolo dei vecchi amici friulani, già socialisti, alcuni dei quali assurti a importanti ruoli istituzionali: il presidente della Regione Renzo Tondo, il senatore Ferruccio Saro, l’ex assessore regionale alla sanità Gabriele Renzulli... «La coscienza della nostra dignità - scrive riferendosi a ”noi friulani, soprattutto i carnici...” - non è mai stata un fatto solitario ma una sorta di fratellanza, un sentire comune, un orgoglio, persino nelle sfide più estreme. Non credo sia un caso il fatto che molte battaglie sui diritti civili che hanno cambiato il volto del nostro Paese, come quella sul divorzio, siano partite proprio dal Friuli...».

Il resto sono ricordi, episodi, particolari, soprattutto dolore. Tutta roba che scava nel profondo e non può lasciare insensibile un essere umano. Undici febbraio di quest’anno, il giorno prima del funerale: «Nel silenzio, ad un tratto ho riconosciuto la mia voce: ”Addio stellina mia, ora riposa in pace”. Ho pianto, i singhiozzi erano talmente forti che mi squassavano lo stomaco».

La battaglia personale di Beppino Englaro è terminata. Quella politica, per la libertà di cura, perchè la legge e lo Stato rispettino l’individuo, è ancora lungi dall’essere portata a compimento. Quando finalmente ciò avverrà, dovremo ringraziare soprattutto un carnico dalla testa dura, rispettoso della legalità. E della laicità dello Stato.

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