giovedì 8 ottobre 2009

LAMPEDUSA / IMMIGRATI


dall’inviato

CARLO MUSCATELLO



LAMPEDUSATornano gli immigrati. Il Governo italiano non fa in tempo a cantare vittoria sul fronte della cessata emergenza sbarchi, che ieri un gommone con trentacinque persone a bordo, tutti maschi e nordafricani, è stato intercettato a poche centinaia di metri dalla spiaggia dell’Isola dei Conigli, uno dei gioielli naturalistici di Lampedusa. Due motovedette, una della Guardia costiera e una della Guardia di Finanza, li hanno raccolti e - su disposizione del ministero degli Interni - hanno fatto rotta verso Porto Empedocle, a due passi da Agrigento.

Uno sbarco che arriva dopo un’estate relativamente tranquilla. E che conferma quel che qui dicono in molti: sarebbero migliaia le donne e gli uomini in mano al racket degli scafisti libici, in attesa di partire nella speranza di raggiungere Lampedusa, porta sul nuovo mondo, eldorado per masse di disperati in fuga dalla povertà o dalla guerra. Come dire: la politica dei respingimenti voluta dal Governo ha abbassato la febbre, ma non ha curato la malattia. E il dramma dell’emigrazione è ancora un’emergenza con cui fare i conti.

Nell’ottobre dell’anno scorso, al Centro di Primo Soccorso e Accoglienza dell’isola c’erano 2.200 persone sopravvissute al viaggio della disperazione e della speranza: quello fra le coste libiche e la maggiore delle Pelagie, estrema propaggine meridionale e d’Italia e d’Europa, più vicina all’Africa che alla Sicilia. Settanta miglia di dolore e di speranza.

Oggi, nella struttura a due passi dall’aeroporto, in località Imbriacola, non c’è nessuno. Mentre negli alberghi e nelle case di vacanza, gli ultimi turisti - dei cinquantamila che ogni anno si aggiungono ai cinquemila lampedusani - inseguono l’estate a sud.

Quella struttura vuota è il risultato visibile dell’azione del Governo italiano, fatta di accordi bilaterali con la Libia ma soprattutto della contestatissima - secondo alcuni ”disumana” - politica dei respingimenti. Che ha permesso di ridurre gli sbarchi del novanta per cento. Ma, come si diceva, non di risolvere il problema.

Eppure, c’è chi canta vittoria. Secondo il ministro Maroni l'attuazione dell'accordo con la Libia «rappresenta la svolta nella lotta all'immigrazione clandestina e consentirà di portare a zero gli sbarchi». La nostra, sostiene il titolare dell'Interno, «è una politica che funziona e che continueremo, perfettamente conforme a tutte le convenzioni internazionali ed europee».

I dati diffusi dal ministero. Nel 2008, fra maggio e settembre, sono sbarcati sulle nostre coste 18.761 immigrati. Quest’anno, nello stesso periodo, un decimo: per l’esattezza 1.833. Da un anno all’altro, dunque, diciassettemila persone in meno. Rimaste in attesa, in condizioni disumane, nelle mani del racket dei trafficanti di esseri umani.

A Lampedusa, fra la gente del porto, c’è scetticismo. Chi parla dei morti nel Mediterraneo dall'inizio dell'accordo con la Libia, chi dei rifugiati politici cui è stato negato il diritto d'asilo: gente respinta senza verifiche, in violazione delle leggi internazionali e con le istituzioni europee contrarie.

Il Centro è abilitato a ospitare 381 persone. Nel settembre 2008 c’erano 1.800 immigrati, a ottobre 2.200, a dicembre 1.500, scesi a febbraio a 1.200, crollati nel giugno scorso a venti e poi, da luglio a oggi, a zero. Dicono dal ministero: «Dovremo riconsiderare la destinazione delle strutture di Lampedusa (dove c’è anche il Centro di Identificazione ed Espulsione: altri duecento posti - ndr), ma aspettiamo la fine dell'anno per essere sicuri che la stagione più a rischio sbarchi si concluda positivamente».

Intanto, l’ex vicesindaco Angela Maraventano - lampedusana eletta al Senato con la Lega Nord - si è portata avanti con il lavoro. Ha fatto approvare da Palazzo Madama un ordine del giorno per stanziare un contributo per la realizzazione di un porto turistico sull’isola. A fronte di una natura da togliere il fiato, in effetti, qui strutture e infrastrutture lasciano ancora a desiderare. Per chi vuole puntare sul turismo.

Soldi, numeri, dichiarazioni politiche. Ma dietro c’è sempre il dramma di donne e uomini che partono dall’Eritrea, dall’Etiopia, dalla Nigeria, dal Sudan. La Libia è spesso solo l’ultima tappa di un lungo viaggio, prima del salto finale verso le coste dell’isola.

L’Alto commissario dell’Onu per i rifugiati, Antonio Guterres, lo ha detto: quelle degli immigrati irregolari in Libia sono «condizioni di detenzione terrificanti», con le persone che avrebbero i requisiti per chiedere diritto di asilo in Europa che «rischiano di essere rinviati nei Paesi di origine» dove sono perseguitati. Dopo il recente incontro a Bruxelles con i ministri degli interni dell’Unione Europea, Guterres ha espresso «forti riserve» sui respingimenti operati dal Governo italiano, invitato a ripartire «dalla straordinaria esperienza» del Centro di Primo Soccorso e Accoglienza di Lampedusa.

Per l’isola qualcuno ha proposto il Premio Nobel per la Pace. Berlusconi è d’accordo. Nella lettera inviata a Claudio Baglioni, che sull’isola ha appena concluso la settima edizione di O’ Scià, il festival musicale che ha per tema l’integrazione fra le culture, scrive che «Lampedusa è il simbolo dell'integrazione tra le culture dell'Europa e del Mediterraneo. Nessun Paese ha salvato tante vite in mare come l'Italia, e Lampedusa ne è buona testimone. La politica del Governo, doverosamente severa verso i clandestini e i mercanti di uomini, contempla da sempre il rispetto dei diritti umani, e dunque l'accoglienza e l'integrazione dei migranti che cercano un futuro migliore per sfuggire alle persecuzioni politiche, razziali e religiose».

Strana la politica. Il Governo dei respingimenti in mare appoggia - e finanzia, attraverso il ministero dell’Interno - una rassegna musicale le cui parole d’ordine sono accoglienza, solidarietà, rispetto per ogni essere umano. Oggi che, per tanti, ”Lamerica” siamo noi. Travolti da un’emergenza umanitaria permanente. Come il gommone di ieri dimostra.

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