lunedì 21 marzo 2011

ELISA AL ROSSETTI (1)





Comincia con "Lullaby", voce e organo, sola sul palco, in un lungo ed elegante abito chiaro. Poi entra la band, lei imbraccia la chitarra acustica, si concede un "ndemo vanti, dèi!" giusto perchè stasera si gioca in casa, poi parte "Nostalgia", e poi ancora "Una poesia anche per te", con strofe intere cantate da un pubblico adorante. 


Piccola grande Elisa. La sua più grande ispirazione è sempre stata la natura. Lo sapevamo. Ma dopo il concerto di ieri sera al Rossetti - teatro ovviamente tutto esaurito per la popstar di Monfalcone nata al triestinissimo Burlo -, la convinzione che avevamo maturato nell’ascolto di tante canzoni e tanti dischi, non ultimo il recente “Ivy” (edera in inglese, si pronuncia “aivi”), è diventata granitica certezza. Che forse spiega anche il motivo per cui la trentatreenne artista ha scelto di rimanere a vivere in queste terre, a ridosso di un confine che non c’è più, dove tante volte da ragazza ha visto la luce dei suoi tramonti a Nordest.

L’edera, spiega Elisa, non ha fiori ma è sempreverde, ben radicata a terra, combattiva e resistente, si spinge verso l’alto, abbraccia e fa proprio tutto ciò che tocca. E le canzoni del nuovo disco, fra cover altrui, riletture di propri successi e brani nuovi, «sono quelle che mi sono rimaste dentro, raccontano frammenti di vita reale, ricordi che vivono nella memoria ma la rileggono anche con nuova maturità e prospettiva, nella loro essenza e semplicità. La loro bellezza, la loro forza è simile alle emozioni che trovo nella natura».

Ecco, ci risiamo: la natura, che nel concerto è elemento molto presente, quasi palpabile. E non solo per le immagini proiettate sul fondale: foglie e alberi, fiumi e montagne, fra nordici paesaggi incontaminati. E’ la musica stessa, le canzoni a sembrare abitate dagli elementi della natura. A partire da quelli più importanti: l’acqua nello spettacolo visto ieri sera, nel primo teorico giorno di primavera, il fuoco nella seconda parte che al Rossetti arriverà esattamente fra un mese, il 22 aprile. Sì, perchè per questo tour Elisa ha scelto di portare in giro in ogni città due spettacoli diversi (altrove, come a Udine il 3 e 4 aprile, in due sere di fila...): prima l’acqua e il Nord e le canzoni di “Ivy”, poi il fuoco e il Mediterraneo e l’Africa e i brani dell’album ”Lotus”, uscito nel 2003.

Natura, ambiente, aria. «Aria fresca, una boccata d’aria da respirare. Prenditi una possibilità, culla un sogno. Un posto sicuro dove stare e contare su quello che hai trovato...», canta Elisa in “Fresh air”, che aveva scritto a vent’anni, quando «la musica finalmente non era un hobby per me, ma facevo fatica a capire dov’ero», e che ora ha riscoperto per questo nuovo “Ivy”, di cui è uno dei tre inediti. Con la citata “Nostalgia” e “Sometime ago”, anch'esso presente nella scaletta di ieri sera. Che vive anche di classici come “Dancing” e “Creature”, “Heaven out of hell” e “Fairy girl” (del 2001, stavano entrambe nel terzo album “Then comes the sun”), “Rainbow” e “Asile’s world”... Delle cover di “1979” degli Smashing Pumpinks e di “Cuore amore” degli Ustmamò. Dell’omaggio a Mia Martini con “Almeno tu nell’universo”. Ed Elisa è l’unica che può cantare questo brano senza far rimpiangere i brividi che sapeva regalare l’immensa Mimì. Alla stessa maniera in cui può interpretare “Ti vorrei sollevare” e “Gli ostacoli del cuore” da sola, senza che nessuno rimpianga i rispettivi duetti con Giuliano Sangiorgi dei Negramaro e Ligabue.

«La verità è che ho aspettato a lungo qualcosa che non c'è, invece di guardare il sole sorgere», canta all’inizio del secondo tempo, in “Qualcosa che non c’è”. E lo fa assieme al coro di voci bianche Artemia, di Torviscosa, che la affianca per buona parte del secondo tempo. In questo tour, in ogni città coinvolge - anche per motivi logistici - un coro diverso, della zona dove si svolge il concerto. Anche perchè l’idea del disco e dunque del tour sono nate proprio da un concerto fatto l’estate scorsa, con un coro di bambini poco più grandi della sua piccola Emma Cecile, che ha un anno e mezzo.

Sul palco, mamma Elisa appare a suo agio. Passa dalla chitarra al pianoforte, alle percussioni: si muove, balla, canta, ride, esprime la propria felicità sincera di “giocare in casa”. Stupisce sempre la sua capacità di ricamare trame melodiche sottili su tappeti armonici semplici. Parte dal basso e poi sale, la sua voce si arrampica su, in cielo, verso l’alto. Proprio come l’edera del titolo.

Al Rossetti, otto mesi dopo  i quattromila di piazza Unità, un altro successo trionfale. Davanti alla mamma e alla nonna accomodate in un palco a godersi "la picia". Un successo senza se e senza ma. Come la grandezza di Elisa Toffoli da Monfalcone.


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