giovedì 3 marzo 2011

DISCHI - TRICARICO + faithfull


Francesco Tricarico rappresenta un’oasi stralunata di tranquillità, buon gusto, benessere e naiveté nel mondo brutto e cattivo della musica leggera italiana. L’invettiva autobiografica di “Io sono Francesco”, con cui si fa conoscere nel 2000, fu il primo segnale che il ragazzo, nato a Milano l’ultimo giorno del ’71, diploma in flauto traverso al Conservatorio, era uno da tenere d’occhio.

“Vita tranquilla”, al Sanremo 2008, è stata una bella conferma (“voglio una vita tranquilla, perché è da quando son nato che son spericolato... voglio una vita serena, perché è da quando son nato che è disperata...”). Molto più di una risposta alla “Vita spericolata” di Vasco.

Della sua stoffa di autore si accorse nientemeno che Adriano Celentano, che cantò la sua “La situazione non è buona” trasformandola in un grande successo.

Due anni fa ancora Festival con “Il bosco delle fragole” ma anche la pubblicazione del primo libro, “Semplicemente ho dimenticato un elefante nel taschino”.

All’ultimo Sanremo Tricarico ha cantato “Tre colori”, commovente cantilena patriottica che Fausto Mesolella (Avion Travel) aveva pensato per lo Zecchino d’oro e invece è finita nel tritacarne del Festival: un gioiellino senza tempo e senza età prontamente eliminato dalle giurie e non ripescato dal televoto, settore nel quale va più forte gente come Al Bano o la Tatangelo.

Ora arriva “L’imbarazzo” (Sony Epic), quinto album in carriera con dieci canzoni nuove, fra cui ovviamente il brano sanremese, ma anche quella rilettura quasi jazzata de “L’italiano” di Toto Cutugno che l’artista ha portato al Festival nella serata dei duetti. E proprio come sul palcoscenico dell’Ariston, anche nell’album Cutugno canta una strofa del suo classico.

L’ascolto del disco è meglio di un massaggio rilassante. Parole sussurrate, atmosfera delicata, melodie garbate, emozioni vere. Insomma, trash e cattivo gusto qui non stanno di casa. La banalità non è pervenuta.

I titoli: ”Una selva oscura”, “E’ difficile”, “Leggerezza”, “L’imbarazzo”, “Guarda che bel colore che han le rose”, “La mia sposa”, “Da soli io e te”, “Interludio”, “Ninna nanna oh”, oltre ai due citati.

Canzoni che parlano di bellezza, rispetto, pudore, onestà, cortesia, fiducia. Valori forse desueti. Di sicuro roba che non va per la maggiore. Chiaro che poi a Sanremo eliminano il suo delicato cantore...

Per Francesco Tricarico qualcuno ha già parlato di “neo innocentismo”, chiedendosi se “ci è” o “ci fa”. A noi sembra solo un persona normale, semplice, che ama guardare il mondo e la gente e le cose della vita, facendone canzoni. Di certo è un artista di classe.



FAITHFULL

Cavalli e tacchi alti, per l’ultima musa del rock che non c’è più. Ricordate Maggie, la casalinga dimessa ma “a luci rosse” del film “Irina Palm”? Dimenticatela. Fuor di finzione cinematografica, Marianne Faithfull è oggi una fascinosa signora di sessantatre anni che mantiene intatti carisma, classe e grinta dei tempi belli. Di quando era musa e compagna di Mick Jagger, icona della swinging London degli anni Sessanta, fidanzata del rock, testimone e protagonista di un’epoca che ha cambiato il mondo. A due anni dai chiaroscuri decadenti di "Easy come easy go", la signora ritorna con un album che profuma di soul, blues, persino country. Più States che vecchia Inghilterra, insomma. Fra le cover spicca “Back in baby’s arms” (roba del ’75, firmata Allen Toussaint), ma ci sono anche tre brani scritti dalla stessa Marianne, che aprono il campo a una sorta di flashback autobiografico. Fra gli ospiti, nientemeno che Lou Reed. Che dire? Formidabili quegli anni.



Nessun commento:

Posta un commento