mercoledì 23 febbraio 2011

DALLA e DE GREGORI / primo tabloid

 
Mannaggia alla maturità, mannaggia agli anni che passano e forse regalano equilibrio ma certo sottraggono entusiasmo, incoscienza, voglia di rischiare. Prendete Lucio Dalla e Francesco De Gregori, il cui tour “Work in progress” ha fatto tappa ieri sera in un Politeama Rossetti tutto esaurito. Il pubblico triestino li aspettava assieme da trentun anni e mezzo, visto che “Banana Republic” (leggi qui a destra) non fece mai tappa in città.

Quelli che nel ’79 erano due baldi giovani, con carriere ancora in fase di decollo, oggi sono due tranquilli signori col cappello (68 anni la settimana prossima il bolognese, 60 ad aprile il romano) che hanno avuto tutto dalla vita e dalla professione. E probabilmente il meglio della loro eccellente creatività lo hanno già dato, scrivendo pagine importanti della storia della canzone italiana. Allora cantavano «ma dove vanno i marinai», quasi a indicare la ricerca di un significato per esistenze, personali e collettive, in cerca di un approdo alla fine dei tumultuosi anni Settanta. Oggi, in una delle poche canzoni nuove dello spettacolo, ammettono che «una canzone non basta e non basta saper cantare». Perchè «ci vuole tempo e pazienza per imparare il dolore». E «la luna si è spostata come la vita che passa o che l'abbiamo passata, così tanto per vivere senza farci del male».

Parole che dicono molto di uno spettacolo e di due artisti che sul palco entrano uno nel brano dell’altro, si divertono a scambiarsi le canzoni, s’intrufolano - l’uno con l’armonica, l’altro con clarinetto o sax - in ogni pertugio musicale libero.

Ognuno offre alla causa i suoi classici. Dalla apre con “Tutta la vita” e “Anna e Marco”. De Gregori risponde con “Titanic” e “La leva calcistica della classe ’68”. Il brevilineo prosegue con “Nuvolari” e “Futura”. Il lungagnone replica con “Viva l’Italia” (applauso particolarmente lungo, in questi tempi patriottici...) e “L’abbigliamento del fuochista”, introdotta dall'inutile recitato di Marco Alemanno, da “La fine del Titanic” di Enzensberger. Ma arrivano anche "L'ultima luna", "Sempre e per sempre", "Agnello di dio", "La valigia dell'attore", “Disperato erotico stomp", "Alice", "Piazza grande" e tanti altri classici. I due non potrebbero essere più diversi: Dalla è un irresistibile clown, istrione, animale da palcoscenico; De Gregori è l'elegante e distaccato "principe" della nostra canzone, ma non ha mai cantato così bene. Fra i brani nuovi, oltre al citato “Non basta saper cantare”, che apre il secondo tempo, brilla “Solo un gigolò”, mirabile riscrittura della vecchia “Just a gigolò” di Louis Prima. Al Rossetti, concerto godibilissimo e successo più che caloroso. Pubblico di mezza età, come gli artisti sul palco. Pochini i giovani, anche se il momento è favorevole per i “vecchi cantautori”, come dimostra la vittoria di Vecchioni a Sanremo. Chissà che l’anno prossimo Dalla non ci faccia un pensierino...

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Ma com’è nata questa “reunion”, a distanza di trentun anni dall’ormai mitico tour “Banana Republic”? Spiega Lucio Dalla: «Due estati fa dovevo suonare a Solferino, per i 150 anni della Croce Rossa. Mi viene in testa di invitare Francesco, convinto, conoscendolo, che avrebbe detto di no. Invece lui viene e cantiamo assieme ”Santa Lucia”, una delle sue canzoni che amo più, che quasi gli invidio».

E poi? «Poi ci accorgiamo che era il 24 giugno 2009, anniversario della battaglia che fece l’Italia ma anche trentennale del debutto di ”Banana Republic”. Ci è sembrato un segno del destino». E il destino va accettato. Primo concerto nel gennaio 2010, in un locale di Nonantola, nel modenese. Poi a maggio i concerti a Milano e Roma, l’estate scorsa il tour nelle piazze (passato anche da Udine, in ricordo del concerto nel luglio ’79 allo Stadio Friuli) e ora quello nei teatri. Sempre con questo titolo, ”Work in progress”, che è già una dichiarazione di intenti .

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