domenica 21 agosto 2011

CHE SUCCEDE A VASCO?


Che cosa sta succedendo a Vasco Rossi? Ormai non se lo chiedono solo i (tantissimi) fan della massima rockstar italiana. E nemmeno soltanto i medici della clinica bolognese di Villalba, dove il cinquantanovenne rocker si ripresenterà stamattina, dopo avervi trascorso le prime due settimane di agosto e dopo “l’esamino” resosi necessario sabato, dopo l’ennesima notte di forti dolori alla schiena e alla spalla (la versione ufficiale parla di una costola fratturata), che un mese di terapie a base di antibiotici e antidolorifici non sono state in grado di placare. L’interrogativo, certamente minore rispetto a problemi più importanti, assume comunque una valenza che va al di là del caso personale.

Perchè qui la vicenda non è soltanto medica. E il quadro non sarebbe completo senza altri elementi venuti alla luce in questi mesi. A fine giugno il Blasco “si dimette da rockstar”. Tranquilli, farà altri dischi e altri concerti, ma sente che una certa fase della sua vita - e della sua luminosa carriera - è finita. Cercherà nuove strade, nuovi modi per comunicare con il suo pubblico.

Poi, complice il primo ricovero in clinica e la conseguente forzata convalescenza nella villa della natìa Zocca («ormai sto bene soltanto qui», confessa), scopre l’universo di Facebook. E come tutti i neofiti, lui che era sempre stato refrattario nel rilasciare interviste, alle prese con le potenzialità del social network si scatena, imperversa, esagera: “postando” a tutte le ore commenti e brevi filmati realizzati con una webcam amatoriale (che lui ribattezza “clippini”). Il suo profilo su Facebook (a ieri sera 2.448.266 “amici”: numeri che un partito politico se li sogna...) diventa allora una sorta di diario di bordo della sua sofferenza interiore, del suo mal di vivere, della sua depressione.

Già, perchè di questo si tratta. Lo ammette lui stesso in un “post” di due settimane fa: «Assumo (da tempo) un cocktail di antidepressivi, psicofarmaci, ansiolitici, vitamine e altro, studiato da un’equipe di medici che mi mantiene in questo “equilibrio” accettabile. Se sono vivo lo devo a loro e a tutta questa valanga di chimica che assumo. NON avrei superato tutte le consapevolezze, le sofferenze e la profonda depressione nella quale ero sprofondato nel 2001».

Una profonda depressione che sembra far da contraltare, trent’anni dopo, alla “vita spericolata” cantata in versi e praticata nella quotidianità dal Blasco. Eccessi di ieri e fragilità di oggi sembrano parte dello stesso percorso, nella vita sua e di tante altre star del rock di ieri e di oggi. Allora Vasco voleva una vita spericolata, esagerata, maleducata, piena di guai, una vita “che non è mai tardi”. Oggi canta: «La cosa più semplice, ancora più facile, sarebbe quella di non essere mai nato» (“Manifesto futurista della nuova umanità”).

In questa fragilità, in questa debolezza c’è forse la chiave di tutto. Il resto sono polemiche estive, fra esternazioni a favore delle tasse ai più ricchi e contro la criminalizzazione di chi usa stupefacenti, e scambi di cortesie con Gasparri e Giovanardi (rispettivamente “ultimo della classe” e “indomabile moralizzatore” secondo Vasco) e giovani di centrodestra (che lo ripagano definendolo “cattivo maestro”).

Sabato intanto il Komandante è atteso allo stadio di Torino per la ripresa del tour. Data successiva: il 2 settembre allo Stadio Friuli di Udine. Ci sarà? E in che condizioni si presenterà al suo popolo? Domande tutto sommato minori, rispetto al cuore del problema.

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