domenica 2 dicembre 2012

CAPOSSELA mart a trieste

«Ho sempre amato il “rebetiko” perchè è musica che fa male, che non prova a renderti migliore ma solo te stesso. Musica rivoltosa perchè accende la rivolta di quanto le convenzioni hanno occultato di noi stessi. E poi è bellissima, sa di fierezza, di oriente, di assenza, di qualcosa di perduto. Musica di gente dignitosa, con un’identità, che non faceva dipendere chi si era da quello che si possedeva». Parole di Vinicio Capossela, che ritorna a Trieste. Il cantautore e musicista nato ad Hannover sarà infatti in concerto domani alle 21 al Teatro Sloveno, nell’ambito del tour “Rebetiko Gymnastas”, che, dopo la tappa triestina, organizzata con la Cooperativa Bonawentura, toccherà giovedì il Deposito Giordani di Pordenone. Il tour, partito un mese fa da Marghera, prende il nome dall’album pubblicato a giugno, a un anno di distanza dal precedente “Marinai, profeti e balene”. Non un disco di inediti, ma una raccolta dei suoi maggiori successi reinterpretati in chiave “rebetiko” (“rebeta” viene dal turco “rebet”, ribelle, colui che meno si tira indietro quando le città vanno a fuoco), genere musicale greco secondo alcuni simile al fado portoghese. «Gli strumenti musicali - dice Capossela - sono come imbarcazioni. Servono per affrontare il mare del sentimento, del ricordo, dell’immaginazione. In greco la cassa armonica degli strumenti a plettro si chiama “skafo”. Insomma, imbarcazione e cassa armonica vengono dalla stessa parola. Dunque la musica è in un certo senso un “mezzo di trasporto”, proprio come i porti sono i luoghi dello scambio, della taverna, dell’approvvigionamento. Una canzone una volta arrivata in porto può cambiare lingua, ma l’anima rimane la stessa». Alcuni dicono che il “rebetiko” è una sorta di blues greco, la cui storia affonda le radici nella Salonicco nei primi anni del Novecento, con elementi tratti dalla tradizione ellenica, bizantina e ottomana. Una musica che parla di crisi e di emigrazione, esprimendo la malinconia, le ansie, la sofferenza esistenziale della gente comune. Sentimenti di attualità in questi tempi di pesante crisi economica e sociale, in Grecia più ancora che nel resto d’Europa. «La Grecia - riflette Capossela - in questo momento è un passo avanti su una strada in cui non resterà da sola. Per questo è importante capire cosa vi sta succedendo. Questa non è la crisi della Grecia, è la crisi del sistema capitalistico. Molti ritengono che le politiche applicate in Grecia siano un esperimento sociale, un laboratorio dove mettere alla prova ricette decise da chi regge il sistema finanziario». Ancora il musicista: «La difficoltà non è solo economica, ma anche di identità. Chi siamo una volta che perdiamo quello che abbiamo? Molta gente ha ripreso a emigrare. C’è una grossa passione politica, ma anche una grande sfiducia nella classe politica. Tanto abbiamo in comune, come recita il vecchio motto, “una faza una raza”...». Con Capossela, in scena domani a Trieste e poi Pordenone, Vassilis Massalas alla chitarra e baglamas, Ntino Chatziiordanou alla fisarmonica e all’organo Farfisa, Dimitri Emmanouil alle percussioni e il solista del bouzouki Manolis Pappos. Completano l’organico i fedelissimi Alessandro Asso Stefana alla chitarra e Glauco Zuppiroli al contrabbasso.

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