sabato 10 agosto 2013

GIORGIO CONTE domani a Grado canta mito di Geo Chavez

«Di Geo Chávez mi ha affascinato la grandezza dell’impresa, quest’uomo temerario che sfidava i cieli sulle macchine volanti. Un volo finito male, perchè a volte le grandi imprese richiedono grandi sacrifici. Ma nella vita arriva il momento in cui bisogna tentare, giocare le proprie carte, spiccare il volo...». Giorgio Conte, avvocato e cantautore come il fratello maggiore Paolo, sarà il protagonista domani alle 21, a Grado, alla Diga Sauro, per Lagunamovies, della serata “Arriba siempre arriba: il mito di Geo Chávez”. Prima la rievocazione del pilota franco-peruviano, primo uomo ad aver sorvolato le Alpi con un monoplano, il 23 settembre 1910, morto a soli ventitre anni per le conseguenze dei traumi riportati nell’atterraggio (incontro condotto da Pietro Spirito, con Fredo Valla, regista del film che rievoca la storia). Poi con un concerto, assieme al polistrumentista Walter Porro. Lei il volo lo ha spiccato tardi. «Trent’anni fa, quando uscì il mio primo album, ero già vecchiotto - ricorda Conte, astigiano come il fratello, classe ’41 -. Lo intitolai “Zona Cesarini” perchè pensavo di essere già fuori tempo massimo. Ma per fortuna non era vero...». Ma come autore era già su piazza. «Sì, alcuni cantanti mi avevano già fatto l’onore di cantare miei brani (Fausto Leali, Mia Martini, Rosanna Fratello, in anni successivi anche Mina, Ornella Vanoni, Rossana Casale - ndr). Ma alcune canzoni noi due le tenevamo da parte, perchè trovare l’interprete giusto non era facile. E perchè in fondo le sentivamo più “nostre”». “Una giornata al mare”, affidata all’Equipe 84, è il maggior successo firmato da voi due assieme. «Sì, fra l’altro mi ricordo perfettamente come nacque. Ero in camera mia che strimpellavo questa melodia, arriva Paolo, la sente e dice che ha il testo giusto, praticamente già pronto. Fu un caso felice di collaborazione spontanea». Il suo libro “Un trattore arancio”? «È una raccolta di racconti, con un filo comune, quasi a formare un affresco. Immagino questo trattore abbandonato sotto un portico, nella casa di campagna del nostro nonno materno, in pieno Monferrato. Lui ha visto quel che gli accadeva attorno, io voglio rimetterlo in moto, far rivivere episodi e persone, caricarli sul suo rimorchio...». Cos’è questo “al gusto di tutto” di cui scrive? «È trovare sempre il lato positivo delle cose, non piangersi addosso, trovare un senso e un gusto anche nelle cose che apparentemente non ne hanno. Un ottimismo di fondo, quasi una forma di difesa». Lei e Paolo avete entrambi debuttato come cantautori in età avanzata. Insicurezza o che? «A casa nostra, quando gli spartiti cominciavano a prendere il sopravvento sul diritto, ci chiedevamo spesso: e se la vena si secca? Ma poi arriva un momento in cui bisogna prendere coraggio, fare quel che si sente, spiccare il volo. Come Chávez». Chi glielo ha fatto scoprire? «Me ne aveva parlato il regista Fredo Valla. Per il suo film ho scritto una canzone, “Geo”, che sta nel mio album “C.Q.F.P. - Come quando fuori piove”. E nel film interpreto anche il ruolo del narratore: immagino i primi voli, il campo da cui è partito...». E per voi che partivate da Asti, Genova...? «I piemontesi hanno sempre avuto un’attrazione e al tempo stesso una diffidenza verso Genova, verso un mondo sconosciuto, non loro. Per me era il primo mare che si vedeva dal treno, che si spalancava d’un tratto fra le case. Non ne avevo la visione malinconica immortalata da Paolo nella sua canzone, ma poco via...».

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