giovedì 22 ottobre 2015

CIAO, nuovo libro VELTRONI

Ognuno di noi cerca per tutta la vita il proprio padre. Capita a chi lo ha visto diventare vecchio. Capita ancor più a chi non lo ha conosciuto. «Mio padre mi è sempre mancato, non l’ho mai nascosto. Non l’ho conosciuto, è morto che avevo un anno. Non ho neppure una foto con lui, un biglietto in cui mi dicesse qualcosa, magari per il futuro. Non so quanto mi ha tenuto in braccio, se mai mi ha dato un bacio e se gli sembravo carino ed era orgoglioso di me...». Così scrive Walter Veltroni nel suo nuovo libro “Ciao” (Rizzoli, pagg. 250, euro 18,50), dedicato al padre Vittorio, radiocronista di razza e primo conduttore del telegiornale, morto nel ’56, a soli trentasette anni, per una leucemia. L’autore immagina di incontrarlo sul pianerottolo di casa, in un deserto Ferragosto romano. Lo ha aspettato tutta la vita. E quando finalmente lo incontra, il padre gli dice che questo gli era sembrato il momento giusto per palesarsi «perchè per la prima volta mi sembri fragile, mi sembra tu abbia bisogno di me. Hai sempre saputo cosa fare e hai seguito la tua strada. Ora mi pare che tu sia incerto, come se la vita che hai sempre pensato di controllare ti stia sfuggendo di mano...». E il figlio conferma che «sono cambiate tante cose. Nel mio lavoro, nella casa che si è fatta silenziosa ora che le figlie sono lontane per lavorare. E anche, sono sincero, nella considerazione che posso fare del mio futuro». Parla un uomo di sessant’anni, che ha fatto di tutto: parlamentare e vicepremier, sindaco di Roma e ministro della Cultura, giornalista e critico cinematografico, fondatore e primo segretario del Pd, direttore dell’Unità e candidato premier, regista e scrittore. «Ho sempre progettato, costruito nel tempo, mi sono dato obiettivi a lungo termine. Ora è diverso...». E in quelle parole sembra di cogliere lo smarrimento di questi tempi, di una generazione che ha creduto di poter cambiare il mondo, di un Paese dove a volte sembrano essere saltati tutti gli equilibri. Belle, nel libro, le pagine dedicate al ricordo della madre, Ivanka Kotnik, figlia dello sloveno Ciril Kotnik, l’ex ambasciatore del Regno di Jugoslavia presso la Santa Sede che aiutò numerosi antifascisti ed ebrei romani a sfuggire alla persecuzione nazista dopo l'armistizio dell’8 settembre 1943. E all’incontro fra i genitori, complice una torta al cioccolato. Libro dedicato al fratello maggiore, Valerio, «per tutti questi giorni». E «a Ettore», «per tutte le sue storie. Fu proprio Scola, un giorno, a chiedergli «perchè muovesse le gambe in quel modo». Non lo so, fu l’ovvia risposta. «Lui mi sorrise e mi disse: il tuo papà faceva così...».

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