mercoledì 11 giugno 2008

CAMMARIERE


"E' la prima volta che vengo a Trieste. In assoluto. E dunque sono molto curioso, perchè è una città che mi ha sempre attirato e affascinato. Anche per la vicinanza con Gorizia, patria di Carlo Michelstaedter, che ha ispirato la mia ”Dalla pace del mare lontano”...».

Sergio Cammariere apre sabato alle 21.30, al Teatro Romano, il Festival Teatri a Teatro. Al telefono ha voglia di chiacchierare, di raccontare questa sua splendida avventura umana e musicale che lo ha portato a giocarsi, quattro anni fa, a Sanremo, quella che lui stesso chiama «l’ultima carta». E di vincere la partita.

«Diciamo subito - dice Cammariere, calabrese di Crotone, classe 1960 - che io fino al 2002 avevo il problema di come pagare l’affitto di casa. La musica è sempre stata la mia vita. Vengo da una famiglia di contadini del Sud, nessuno dei miei suonava, io ho cominciato con una melodica soprano, il mio primo strumento preso in mano che andavo ancora alle elementari».

Poi una fisarmonica in regalo, gli insegnamenti di un maestro di coro, quaranta bambini assieme ai quali andare a undici anni a Castrocaro Terme, al concorso «Ugoletta d’oro». E un giorno, a casa di una cuginetta, l’illuminazione del pianoforte. «Riuscii a trasportare sulla tastiera tutto quello che avevo imparato, dall’Ave Maria di Schubert alle cantate che proponevamo col coro al Teatro Apollo di Crotone. Ricordo che rimasero tutti a bocca aperta, che bravo, ma dove hai imparato, e perchè non lo mandate a studiare pianoforte...».

Il ragazzo intanto cresce. Nella Calabria degli anni Settanta, come in tutt’Italia, si formano e si disfano gruppi e gruppetti. «Giravo per la regione, suonavo nei villaggi turistici, insomma mi davo da fare. Con la consapevolezza che il mondo dei suoni era la mia vita, la vita che volevo vivere. Una rivelazione della realtà circostante, che era fatta di natura, di elementi spirituali, di mare. E anche quanto poi sono partito, lasciando la Calabria, sono rimasto convinto che il mio destino passasse proprio dal mare».

A diciotto anni va a Firenze, si iscrive all’università. «All’inizio scienze agrarie, avevo pur sempre un padre coltivatore diretto. Ma non feci nemmeno un esame. E c’era l’incubo della chiamata in marina, allora il servizio militare era obbligatorio, che incombeva. Allora passai a giurisprudenza: un esame all’anno, storia del diritto romano, canonico, per rinviare la chiamata...».

Nel frattempo la ricca vita musicale fiorentina lo avvolge. «In Calabria ascoltavo e suonavo musica leggera e rock. Ero capace di fare al pianoforte pezzi dei Genesis, dei Deep Purple. Ma la vita è l’arte dell’incontro, e in un gruppo con cui suonavo a Livorno - quante volte l’ho fatta in treno, quella tratta da Firenze a Livorno... - conobbi un musicista che mi introdusse al repertorio dei grandi standard, del jazz, della bossa nova. Cominciai a masticare John Coltrane e Stevie Wonder. E fu un’altra rivelazione...».

La storia continua. Nell’84 Cammariere si trasferisce prima per pochi mesi a Milano, poi (definitivamente, almeno per ora) a Roma. Suona in un locale alla moda, frequentato da quelli che lui chiama «i politici della prima repubblica». Vita da «pianista di pianobar». Fino all’incontro con Roberto Kunstler. «Quando l’ho conosciuto aveva già fatto quattro dischi, e stava per andare al Festival di Sanremo. Cominciamo a collaborare, a lavorare assieme. Da quel momento molte delle mie canzoni le abbiamo scritte assieme».

Ma la gavetta non è ancora finita. Cammariere scrive canzoni per Paola Turci e Gegè Telesforo, firma colonne sonore per il cinema («a oggi ne ho fatte dieci: la prima nel ’90, per un film di Pino Quartullo; la più fortunata per ”Uomini senza donne”, con Alessandro Gassman e Gianmarco Tognazzi; la più recente, l’anno scorso, per Mimmo Calopresti, calabrese come me...»), fa il «pianista di servizio» («come diceva Arbore...») in tanti programmi televisivi.

«Nel ’92, Vincenzo Micocci ci dà la possibilità, a me e a Kunstler, di fare un album in coppia. Disco ormai quasi introvabile, rarissimo, mi sembra che su eBay ha una quotazione di settanta euro. Ma la mia situazione comincia a cambiare cinque anni dopo, quando mi chiamano al Premio Tenco, ai cui organizzatori mandavo già da un paio d’anni le cassette con le mie canzoni. Nel ’97 mi danno il premio per il miglior artista emergente, conosco De Andrè, Guccini, Paolo Conte, ricevo parole di apprezzamento da quelli che per me erano degli autentici miti».

È la spinta per continuare. Nel 2002 la Emi lo mette finalmente sotto contratto. Esce «Dalla pace del mare lontano» («canzoni che avevo scritto nel corso degli anni, le conoscevo talmente bene che il disco lo registrai in cinque giorni...»), la casa discografica gli propone di andare a Sanremo.

«Lì ero consapevole di giocarmi tutta la vita in tre minuti. Era l’ultima carta, mi rimettevo in gioco a quarantatre anni. Fosse andata male, ero pronto ad andarmene all’estero. In Brasile, dove ero già stato trovandomi molto bene. Oppure in Francia, in Olanda, in Germania, dove poi sono invece andato in questi ultimi anni a suonare, trovando un’ottima accoglienza».

Sì, perchè nel frattempo è successo che Sergio Cammariere, dopo quel Sanremo (terzo posto e premio della critica con «Tutto quello che un uomo»), è diventanto una sorta di fenomeno. Dischi (fino al recente «Cantautore piccolino»), tournèe, un altro Sanremo quest’anno. E ora un nuovo tour, che parte il 12 luglio da Cattolica e avrà sabato a Trieste l’anteprima.

«Sarà un concerto particolare - conclude Cammariere - anche in onore di Carlo Michelstaedter, il filosofo goriziano morto suicida a ventitre anni, nel 1910, che trovo sia il nostro poeta maledetto, il Baudelaire o il Mallarmè italiano. Me l’ha fatto conoscere Kunstler, che è l’anima intellettuale del duo, e ha usato i versi iniziali della poesia ”I figli del mare” di Michelstaedter per la nostra canzone ”Dalla pace del mare lontano”. Un brano evocativo, fra sogno, mito, leggenda, presenze oniriche. Per evocare anche il dramma dei nostri fratelli che si imbarcano e navigano giorni e notti per il mare nella speranza di un futuro più sereno».

Con Cammariere, sabato a Trieste, in scena un bel gruppo di jazzisti capitanato da Fabrizio Bosso alla tromba. Sarà un piccolo grande evento.


 

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