mercoledì 17 marzo 2010

MINA 70 ANNI


Esistere, essere senza apparire. Da trentadue anni. Nella società dell’immagine e dell’apparenza, perdippiù. Praticamente un miracolo, di quelli che riescono soltanto ai grandissimi.

Il 25 marzo Mina, la protagonista di questo miracolo, compie settant’anni. Non si esibisce in pubblico dal 23 agosto 1978, data del suo ultimo concerto. Ma nei tanti anni che sono ahinoi trascorsi, Mina Anna Mazzini - nata a Busto Arsizio nel 1940, cresciuta a Cremona, dal ’66 residente in Svizzera, in tempi più recenti riaccasatasi fra Brescia e Milano - è rimasta una figura pubblica di prima grandezza della musica, della cultura, della comunicazione, del costume di casa nostra. La sua scommessa: sparire per esistere davvero.

Mina non ha mai smesso di esistere come cantante, innanzitutto. La miglior cantante italiana di tutti i tempi. Che in tutti questi anni ha sempre continuato a incidere. All’inizio degli album doppi, per la verità spesso un po’ stanchi, che uscivano preferibilmente sotto Natale: un disco di cover e uno di cose nuove, scelte personalmente - assieme al figlio produttore Massimiliano Pani - fra le migliaia di brani che autori noti e sconosciuti non hanno mai smesso di sottoporle. In tempi più recenti progetti discografici più vivi, più interessanti, più attuali: dall’album assieme a Celentano (che intervistato da Repubblica l’ha definita «una bomba che non si può disinnescare ed esplode quando meno te lo aspetti») di una decina d’anni fa, fino al recente duetto con Manuel Agnelli degli Afterhours, rock italiano dei più aggiornati (e nel video di ”Adesso è facile” lei canta e l’altra sua figlia, Benedetta, appare nel ruolo della mamma...).

Mina esiste con le sue acute riflessioni sui nostri tempi scassati affidate da qualche anno al quotidiano La Stampa e al settimanale Vanity Fair. Cose scritte talmente bene, e così ricche di contenuti, che all’inizio qualcuno ebbe persino l’idiozia di dubitare sulla loro genuinità. L’altro giorno, commentando l’uscita di alcuni illustri inediti post mortem, da Salinger a Jimi Hendrix, la Tigre di Cremona (come la soprannominò tanti anni fa la sua amica Natalia Aspesi) sul quotidiano torinese ha scritto: «La fine della vita si presenta all'improvviso e nessuno trova il momento per indicare il destino di una propria opera incompiuta. Ognuno ha la propria Pietà Rondanini, la propria Turandot e forse non trova la forza di decidere se destinarla a un tritasassi o all'estasi dei posteri. Non c'è una legge che dica che le opere non finite debbano essere bruciate, invece che nascoste da qualche avido profittatore. A questo proposito mi devo ricordare di dare alle fiamme un maglioncino che sto finendo. Gli manca una manica». Sublime.

Mina esiste in quella forma d’arte che, ovviamente ai livelli alti, è la pubblicità. La sua voce accompagna da anni gli spot della Pasta Barilla senza nemmeno il bisogno di un riferimento qualsiasi alla sua persona: una scritta, una firma, un’immagine... No, basta la sua voce che è grande anche quando non canta. E comunque nell’ultimo spot, forse proprio in occasione del compleanno, canta pure: nientemeno che ”Nel blu dipinto di blu”, alias ”Volare”, vincitrice a Sanremo del ’58, con Mimmo Modugno e Johnny Dorelli. La canzone italiana più famosa del mondo, Mina l’aveva già interpretata nel 2001 nel cd ”Sconcerto”.

Mina esiste perchè l’anno scorso ha aperto (seppur virtualmente, a mo’ di sigla) il 59.o Festival di Sanremo, quello di Bonolis: una ”Nessun dorma” da antologia, cantata magistralmente, alla maniera di uno standard, e arricchita dalle immagini della cantante in studio con l’orchestra diretta da quel Gianni Ferrio che lavora con lei da sempre. E altre sue immagini in sala di registrazione erano state diffuse nel 2001. Lei più o meno sempre uguale: gli occhialoni, i capelli raccolti, le cuffie in testa, il grande foulard nero attorno al collo...

L’aria di una tranquilla signora borghese. Ma con la stessa grinta che animava quella ragazza che nell’estate del ’58, in vacanza al mare con la famiglia a Forte dei Marmi, una sera, alla Bussola di Marina di Pietrasanta, sale sul palco sfidata dagli amici, prende il microfono e praticamente non lo molla più. Si narra che il proprietario del locale, Sergio Bernardini, nelle sere successive dovette quasi frenare l'entusiasmo di quella diciottenne esuberante che voleva solo cantare, cantare, cantare.

Il resto è storia nota. Il debutto come Baby Gate, pseudonimo subito abbandonato. La stagione degli ”urlatori” con Celentano. Nel ’59 il grande successo con il brano ”Nessuno”, al Musichiere ma anche a Canzonissima. Il primo posto in hit parade con ”Tintarella di luna” nel gennaio del ’60. E poi Sanremo e Studio Uno, ”Il cielo in una stanza” e ”Le mille bolle blu”, il successo anche all’estero. La leggenda vuole che Frank Sinatra la volesse in America (ma lei, si sa, aveva e ha paura dell’aereo...). Che anche Louis Armstrong e Sarah Vaughan si fossero idealmente inchinati dinanzi alla sua grande voce. «La più grande voce bianca», secondo il vecchio Satchmo.

Ma le cronache ricordano anche il presunto scandalo di un figlio concepito con un uomo sposato, l’attore Corrado Pani (nell’aprile ’63 nacque il citato Massimiliano, per tutti all’epoca ”Paciughino”). Era un’altra Italia, pre-divorzio e molto democristiana: la cantante viene messa in quarantena dalla televisione di stato. Salvo richiamarla in servizio meno di un anno dopo. E chiederle idealmente scusa restituendole onori e ruolo.

Mina oggi rimane un mito per il quale parlano le cifre: cinquantadue anni di carriera, mille brani incisi, cento milioni di dischi venduti, la stima unanime di pubblico, critica e colleghi. E quella scommessa, essere senza apparire, giocata e vinta trentadue anni fa. Mina come Greta Garbo, come Lucio Battisti.

Mina per sempre giovane, Mina forever young. Anche adesso che arriva un compleanno ”pesante”. Festeggiato dalla sua casa discografica con la pubblicazione in vinile dei suoi ultimi album, quelli compresi fra ”Canarino mannaro” del ’94 e il recente ”Facile”. E presto arriva anche un nuovo disco di inediti. Perchè la leggenda va avanti.

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