venerdì 26 marzo 2010

racconti GRISHAM


Nelle redazioni di una volta girava un detto: i giornali sono come il maiale, non si butta via niente. A significare che ogni piccola notizia, ogni curiosità, ogni minuscolo rimasuglio poteva essere utile e finire in pagina. In un destino analogo all’animale bandito dalle diete dimagranti: ogni sua parte può essere utilizzata con soddisfazione degli utilizzatori finali.

Non sembri irrispettoso, ma un pensiero analogo (della serie: qui non si butta via niente...) sorge dinanzi al nuovo libro di John Grisham, ”Ritorno a Ford County” (Mondadori, pagg. 380, euro 20,00). Presentato come la prima raccolta di racconti del re del legal thriller («storie toccanti - si legge nella nota dell’editore - dal retrogusto spesso dolceamaro, che confermano ancora una volta Grisham come uno dei più grandi scrittori americani dei nostri giorni»), il volume propone otto racconti, otto storie che sembrano accomunate da un elemento: non essere state degne di diventare protagoniste di un romanzo. Di quelli che il cinquantacinquenne autore dell’Arkansas vende a decine e decine di milioni di copie in tutto il mondo da vent’anni a questa parte.

Del resto, lo ha ammesso lui stesso in un’intervista. «Quasi ogni racconto - ha detto Grisham - era lì per diventare un libro a sé, ma anche se aveva un plot ben definito, un inizio, un centro, una fine, non riuscivo a svilupparlo, e non era lungo abbastanza...».

Ecco allora questa raccolta di storie e personaggi, sullo sfondo di Ford County, cittadina immaginaria del Mississippi nella quale aveva già ambientato nell’89 il romanzo d’esordio, ”Il momento di uccidere”, cui sarebbero seguiti ”Il socio”, ”Il rapporto Pelican”, ”Il cliente”, ”L’appello”, ”L’uomo della pioggia”, ”La giuria” e tanti altri.

Nel primo racconto tre ragazzi di campagna partono per Memphis. Devono donare il sangue a un amico in fin di vita. Ma dopo essersi fermati in un negozio di alcolici, il loro viaggio incrocia un club di spogliarelli alla periferia della grande città. E le buone intenzioni iniziali svaniscono.

Secondo racconto, secondo viaggio. Inez Graney, un'anziana costretta su una sedia a rotelle, parte con i due figli per rendere l'estremo saluto al figlio più piccolo, detenuto nel braccio della morte, e riportarne a casa la salma.

L’avvocato Mack Stafford è il protagonista della terza storia. I piccoli equilibri della sua vita vengono sconvolti da una telefonata che riporta a galla un caso archiviato molti anni prima. E nuovi, inimmaginabili orizzonti gli si aprono dinanzi.

L’assicuratore Sidney è un altro uomo comune: vita normale, completa di matrimonio ormai in pezzi. Ma un giorno scopre di possedere un innato talento per il blackjack. Con la possibilità di vendicarsi dell'uomo che gli ha portato via la moglie.

Wade è un altro avvocato, lavora a Clanton, e un giorno si imbatte in un uomo uscito sconfitto anni prima da una causa e che gli aveva giurato vendetta. E stavolta c’è una violenta ”giuria popolare” che deve giudicare il povero avvocato...

Si va avanti, fra una casa di riposo con un gentile inserviente molto interessato ai conti correnti degli anziani e un quartiere nel panico per un ragazzo di buona famiglia che torna a casa malato di Aids, fino all’ultimo racconto - presente solo nell'edizione italiana - che ci riporta nel braccio della morte per vivere le ultime ore di Joey, che non ha nessuno da salutare né nulla più da desiderare. Tranne una cosa, che in fondo non gli dispiacerebbe: guardare per l'ultima volta la luna.

Intendiamoci, sono storie ben raccontate, scritte bene come si conviene a un grande professionista della scrittura. Ma dall’inventore del legal thriller, dall’autore che in passato da saputo creare - pescando fra i suoi ricordi di avvocato e nelle storie vere pubblicate tutti i giorni dai giornali - appassionanti intrecci che non mollano il lettore fino all’apparire della parola ”fine”, beh, da tempo ci aspettiamo di più.

Mettiamola da un altro punto di vista: questo libro non avrebbe trovato un editore se fosse stato firmato da un pinco pallo qualsiasi. «Anche oggi - ha ammesso Grisham nell’intervista citata - alle sette ero alla tastiera, fino alle tredici: ho scritto ventinove pagine, e devo tenere questo passo per consegnare il mio prossimo romanzo a fine giugno. Se non facessi così non potrei mai finire un libro all’anno. Ma lo faccio divertendomi».

È il problema degli scrittori che hanno un successo tale da farli somigliare a piccole aziende. Corrono il rischio che siano i lettori, un giorno, a non divertirsi più.

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