martedì 9 aprile 2013

DJÈ DJÈ domani MERC a casa musica Trieste

«In Costa d’Avorio abbiamo un detto popolare: l’uomo magro è quello che non ha niente in testa, ma proprio perchè non ha niente in testa è un uomo libero, aperto, capace di percepire quanto arriva dall’ambiente esterno. Ho adottato questa formula, dell’uomo magro, appunto, per indicare la mia apertura a tutte le diverse culture che popolano il mondo...». Parla Jacques Honoré Djé Djé, musicista originario della Costa d’Avorio, che vive da una decina d’anni a Trieste. Dove domani, con inizio alle 20, all’auditorium della Casa della musica (via Capitelli 3), presenta in anteprima nazionale il suo nuovo spettacolo che si intitola, guarda caso, “L’uomo magro”. «La mia infanzia e la mia giovinezza - spiega l’artista, quarantuno anni, una gran massa di dreadlocks che gli incorniciano il volto - le ho passate fra il mio paese d’origine e la Francia, dove ho cominciato a lavorare nel campo della musica. Ed è proprio in Francia che ho conosciuto quella che sarebbe diventata mia moglie, triestina, con la quale ho due figli. Con lei sono arrivato in Italia, prima e Milano e subito dopo a Trieste, dove abbiamo scelto di vivere...». Jaques Honoré Djé Djé definisce il concerto un monologo in musica per piano, chitarra basso e batteria, dove ogni strumento è attore della rappresentazione del momento. La sua voce, dal tono profondo e al tempo stesso vellutato, interpreta canti e poesie di ispirazione sacra, attinti sia dal mondo spirituale africano che da quello occidentale. Come si diceva, il titolo dello spettacolo si riferisce a un modo di dire della lingua bété del popolo Krou: “O ni bè wli kè”, che nella traduzione letterale significa “colui che non ha niente in testa”. Sottintendendo, quasi metaforicamente, “colui che può percepire perché ha la testa vuota”. «Lo spettacolo - prosegue il musicista, che si alterna in scena fra chitarra e pianoforte, basso e batteria e molti altri strumenti - mette in evidenza questa metafora, ovvero la bellezza di una mente e di uno spirito incontaminati, come in un bambino, dove possono trovare spazio le più grandi armonie, le più grandi curiosità, le più grandi contraddizioni». In Francia Jacques ha collaborato con molti artisti, spaziando fra la bossa nova e il blues, fra il jazz e il grande repertorio delle sonorità caraibiche. L’orizzonte della sua ispirazione artistica è vasto e si è formato nel tempo, con gli studi e le ricerche sviluppate nella passione e nella volontà di recuperare e salvare il patrimonio popolare della sua terra d’origine. «Sono affascinato - dice - delle arti in via di estinzione, dai codici espressivi che caratterizzano le tradizioni trasmesse oralmente nelle varie aree etniche e culturali africane. Tutti linguaggi che affondano le radici in tempi remoti, ma attualmente minacciati dalla dominante evoluzione tecnologica». In venticinque anni di carriera, Djé Djè ha suonato e insegnato, ha organizzato vari festival musicali in Costa d’Avorio, ha condotto programmi radiofonici, ha partecipato come collaboratore in diversi progetti mirati alla socializzazione, all’integrazione, alla cooperazione, sempre facendo “parlare” le percussioni. La sua musica “senza frontiere” - si legge in una nota di produzione - fonde tradizione e modernità con marcati accenti jazzistici e sperimentali nell’incontro fra culture diverse e diverse influenze ritmiche ed armoniche. Con il suo gruppo Nah Jay Jay, ha partecipato nel 2009 anche al festival Trieste Loves Jazz. Alla Casa della musica, dove ha insegnato percussioni, sta lavorando al suo nuovo album. «Quando esce? Non si sa...». E di Trieste che dice? «Amo molto questa città. La trovo straordinaria e musicalmente molto sensibile e attiva. Anche se l’ambiente non è molto incoraggiante dal punto di vista delle iniziative di proposta al pubblico. Insomma, Trieste dovrebbe darsi una mossa». Ma va...?

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