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giovedì 9 febbraio 2017
SANREMO / CONTROCANTO 3
E poi parlano di “fake news”, di post verità. Balle, si chiamano balle. Come quella raccontata alla vigilia da Carlo Conti, alla terza (e ultima) conduzione e direzione artistica del Festival. Il toscano abitualmente abbronzato ha infatti detto: «Vi lascio con trenta canzoni, una più bella dell’altra...». Ma dove? In che cinema, ci si sarebbe chiesti un tempo. Ora che le abbiamo sentite e risentite, possiamo dire che nessuna delle canzoni in gara è degna di passare alla storia del Festival, mai entrerebbero in un medley di grandi successi sanremesi come quello che ha aperto la prima serata. Livello basso, insomma. Dal grigiore si salvano a nostro avviso solo l’inno ottimistico alla vita di Fiorella Mannoia e la storia di violenze domestiche dell’albanese Ermal Meta. Sprazzi di luce si intravedono, seppur a fatica, nel pathos di Fabrizio Moro, nel pop elettronico di Samuel dei Subsonica, nella dignità di Paola Turci e forse di Ron. Il resto, quasi tutto il resto, è noia e banalità, rap e melodia, facce da talent e morti di fama, cose già sentite. Come sorprendersi allora del fatto che Sanremo valga meno del 2% del mercato discografico. Qui le canzoni sono solo una scusa per mettere in scena l'ennesimo carrozzone nazionalpopolare
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