lunedì 4 agosto 2008

OSANNA / DAVID JACKSON


Si è conclusa ieri sera in piazza Unità la quinta edizione del Trieste Rock Summer Festival, che per il gran finale ha schierato lo scozzese Ray Wilson con i suoi Stiltskin e l’inedita accoppiata fra i napoletani Osanna e l’inglese David Jackson.

Apertura con la gran voce di Wilson, che ha proposto il riassunto di una carriera che ha avuto due picchi: il brano «Inside», finito in testa alle classifiche di vendita nel ’94, grazie anche allo spot dei jeans Levi’s, e poi la breve avventura con i Genesis orfani di Phil Collins. Accadde fra il ’97 e il ’98, quando Tony Banks e Mike Rutherford decisero di continuare l’avventura da soli, e dopo varie audizioni scelsero proprio Wilson come sostituto di Collins. Ne vennero fuori un album, alcuni singoli e un tour, non baciati da particolare successo. E infatti l’avventura finì lì, prima delle recenti reunion dei veri Genesis, ovviamente senza Wilson.

Che comunque ha saputo ritrovare una sua strada, richiamando in servizio i vecchi compagni d’avventura, come ha dimostrato anche a Trieste. Dove ha presentato le sue canzoni (”Change”, ”Another day”,”Lemon Yellow sun”, ”Inside”...) e alcune belle cover, fra cui ”Space Oddity” di David Bowie e ”Follow you follow me” proprio dei Genesis.

Ma senza nulla togliere al buon rock intimista e al tempo stesso grintoso del quarantenne cantante di Edimburgo, ieri l’attesa era soprattutto per l’accoppiata fra i vecchi Osanna (protagonisti del pop italiano dei primi anni Settanta) e il sassofonista dei leggendari Van der Graaf Generator (protagonisti del miglior progressive inglese nello stesso periodo).

Attaccano alle 22.35. Ed è subito magia, è subito grande musica. I napoletani Osanna fra il ’71 e il ’74 sfornarono quattro album: «L’uomo», «Preludio tema variazioni canzona», «Palepoli» e «Landscape of life». Di loro colpivano soprattutto i volti dipinti e i fiati di Elio D’Anna (non presente nella formazione attuale, ma ieri sera visto in un filmato d’epoca intervistato da Renzo Arbore). Nel ’71 vinsero anche, con Pfm e Mia Martini, il Festival d’avanguardia e nuove tendenze di Viareggio. Poi si lasciarono, si ripresero, cambiarono formazione, fecero altri dischi («Suddance» nel ’78). Senza toccare più il top.

Oggi tornano con una formazione che ruota attorno all’antico leader e cantante Lino Vairetti (unico superstite del gruppo originario), che ha coinvolto nel nuovo progetto David Jackson: dopo la fine dei Van der Graaf era persino tornato al suo vecchio mestiere di camionista, prima di dedicarsi alla musicoterapia. «L’avevo conosciuto nel ’72 - dice Vairetti -, poi ero rimasto in contatto più con Peter Hammill, e solo recentemente le nostre strade si sono riunite. Ora, più che un ospite, David è uno di noi...».

A Trieste hanno cominciato con «Animale senza respiro» (da «Palepoli»), sullo schermo un vecchio filmato in bianco e nero. Poi «Mirror train» e «L’uomo» (entrambi dall’album del debutto, nel ’71), con «Ce vulesse» e «A zingara» (da «Suddance»), e un medley con «Oro caldo», «My mind flies», «L’amore vincerà di nuovo»... Musiche degli anni Settanta, risciacquate nell’esperienza, nei suoni, nelle contaminazioni folk e jazz passate sotto i ponti in questi anni. Musiche che ritroveremo nell’album «Prog Family», in uscita a ottobre.

L’esperienza di Vairetti (58 anni), l’entusiasmo dei suoi giovani compagni (fra cui il figlio, Irvin Luca Vairetti), ma soprattutto gli immensi e molteplici fiati di David Jackson - camicia viola, aria da tranquillo signore di sessantun’anni, non fosse per il solito, bizzarro berretto nero - sono gli ingredienti di una ricetta vincente. Che il pubblico ieri sera ha dimostrato di gradire. Come ha gradito l’omaggio ai vecchi Van der Graaf, con una «Theme One» quasi meglio dell’originale. Finale in stile tammurriata con ”Fuje e chistu paese”. Bravi, davvero.

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