martedì 5 agosto 2008

SOLGENITSIN


Centinaia di russi hanno dato ieri l’estremo saluto ad Alexander Solgenitsin, la cui camera ardente è stata allestita all'Accademia delle Scienze di Mosca. Fra i primi ad accorrere Vladimir Putin, che aveva insignito con la massima onorificenza statale lo scrittore simbolo dell'anticomunismo.

«Non è un caso - annota Demetrio Volcic, giornalista e scrittore, per tanti anni corrispondente Rai da Mosca -, perchè ci sono delle forti analogie fra Solgenitsin e Putin. Quest’ultimo ha tentato di salvaguardare tutto quello che la cultura russa ha prodotto di buono: la bandiera, il vecchio inno sovietico, il Cremlino. E li accomuna un forte sentimento nazionale unito alla componente religiosa».

Putin, cui Volcic ha dedicato «Il piccolo zar»», volume uscito recentemente per Laterza, vuole una grande Russia. Alla stessa maniera in cui l’ha inseguita per tutta la vita Solgenitsin.

«La dissidenza sovietica - prosegue il giornalista, nato a Lubiana nel ’31, che è stato anche senatore ed europarlamentare - ha avuto tre anime. Quella di Roy Medvedev, di tendenza occidentale, per semplificare possiamo dire eurocomunista. Quella del fisico Sakarov, che era autorevole membro dell’Accademia, e dunque aveva tutti i privilegi dei capi del partito tranne il potere politico. E infine proprio quella di Solgenitsin, legato alla tradizione della Grande Russia».

Il suo primo romanzo breve, ”Una giornata di Ivan Denisovic”, venne pubblicato nel ’62 con l’approvazione di Kruscev». Ma pochi anni dopo, nel ’70, il conferimento del Premio Nobel per la letteratura viene considerato dal governo sovietico ”un atto ostile” e lo scrittore viene privato della cittadinanza e costretto all’esilio. Prima in Svizzera e poi negli Stati Uniti.

«Al Cremlino nel frattempo è cambiata la maggioranza - spiega Volcic -, non c’è più Kruscev, che aveva creduto di poter estendere la destalinizzazione al campo della cultura, ed è arrivato Breznev. Il che significa chiusura assoluta nei confronti della cultura russa».

Solgenitsin intanto è stato in qualche modo adottato dall’Occidente, sulla base forse di un piccolo grande equivoco: non combatteva il comunismo da posizioni liberali e democratiche, piuttosto faceva parte della corrente del vecchio pensiero russo. Se ne accorsero all’università di Harvard, durante gli anni americani di Solgenitsin, quando quest’ultimo sferrò in un discorso un pesantissimo attacco alla società capitalista statunitense.

«Lui voleva recuperare - prosegue Volcic - la tradizione della Grande Russia. Lo si capisce bene quando rientra in patria nel ’94, e spera di poter influenzare ancora l’opinione pubblica. Ma trova una Russia diversa. Ben presto si rende conto che una vera riforma è impossibile. E che la nuova società russa in quel momento voleva tutto tranne la spiritualità da lui sempre inseguita e proposta».

In soldoni: i russi negli anni Novanta non volevano prediche su come salvarsi l’anima, ma preferivano qualche suggerimento su come riempirsi il portafogli e recuperare il tempo perduto in fatto di consumi. «E va detto che a fronte di una forte miseria, alcuni ci sono riusciti alla grande: si sono fregati la nazione, mettendo le mani su sterminate ricchezze...».

«Lo scrittore invece, al suo rientro in patria, propone democrazia di base, assemblee di contadini partendo dai villaggi. Forse sogna una società che non esiste più. O una Russia che non è mai esistita: democratica, abitata da contadini progressisti, rendendosi presto conto che nelle campagne erano rimasti solo i vecchi e gli ubriaconi...».

Ancora Demetrio Volcic: «Oggi che le fonti energetiche sono la base del nuovo potere russo, proprio come ieri lo è stato l’equilibrio di armi atomiche con gli Stati Uniti, Solgenitsin va giustamente ricordato come un simbolo della lotta contro i totalitarismi del ventesimo secolo. E ovviamente per la sua importante opera letteraria, non dimenticando che le sue cose migliori sono le prime, quelle più sofferte...».

«Intitolargli delle vie, come ora propongono in tanti? Tutto si può fare - conclude Volcic -, ma sono artifici retorici che rientrano nel gioco delle parti...».

I funerali di Aleksandr Solgenitsin si terranno con rito ortodosso nello storico cimitero moscovita di Danskoi. Fra nobili, spie e artisti.

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