martedì 12 agosto 2008

ZUCCHERO


GRADO Ritorna Zucchero, che avevamo visto nel dicembre scorso nella tappa triestina del Fly World Tour 2007. Gran concerto, quella volta, forse il migliore fra quelli portati in giro dal nostro bluesman da esportazione in tutti questi anni. Ora Sugar ritorna, con due tappe trivenete: domenica scorsa si è esibito sull’Arenile del Faro di Jesolo e domani, alle 21, allo stadio comunale di Grado (Isola della Schiusa). I concerti sono nell’ambito di «All the best world - Tour 2008», cominciato a marzo in Svizzera e proseguito in questi mesi fra Germania e Belgio, Olanda e Austria, Romania e Russia, Irlanda e Inghilterra. A Londra Zucchero ha fatto tappa con un evento alla Royal Albert Hall e con la partecipazione al concerto per i novant’anni di Nelson Mandela ad Hyde Park.

Questa che ora arriva nel Triveneto è la prosecuzione estiva dello Stadium Theatre visto a San Siro due mesi fa: l’idea di allestire allo stadio un parterre con le poltroncine numerate come a teatro, anche se quasi sempre dopo un paio di brani il pubblico si alza in piedi e comincia le danze...

Zucchero, com'è nata l'idea dello «stadio-teatro»?

«L’esempio è quello dell’Arena di Verona, un luogo ideale per comprendere gli artisti, non solo quelli di musica classica. Il parterre e le tribune con i posti numerati privilegiano innanzitutto il mio pubblico, che negli anni si è raffinato e non ha più voglia di fare le file sotto il sole o di arrivare ore prima allo stadio per prendere il posto migliore. Io sono un bluesman e non un rocker, per questo prediligo anche la comodità. Certo che se poi la gente ha voglia di alzarsi e ballare, e lo fanno quasi subito, ben venga...».

Ma quello di San Siro non doveva essere un concerto unico?

«Sì, è vero. L’idea era quella. Mesi fa era così, poi ci sono state tante richieste in molti stadi in agosto e quindi... Perché no? Un’occasione per toccare città e luoghi dove non ho suonato di recente».

Lei è reduce da vari festival europei.

«Dal maggio 2007 non mi sono mai fermato, a oggi ho tenuto circa 250 concerti con due milioni di persone circa. Quasi ovunque sold out, con tanta energia, calore, positività...».

Al Nelson Mandela Day, a Londra, era l’unico italiano.

«Non mi piace salire sul pulpito, ma quando si tratta di argomenti seri come i bambini, la povertà, l’Aids e i problemi della Terra, cerco con la mia presenza di sensibilizzare chi mi ascolta. Questi grandi appuntamenti non fanno altro che amplificare il messaggio di chi si batte quotidianamente contro i mali del mondo moderno. Emozione a mille! Sul fatto di essere stato l’unico italiano della serata, beh, io mi sento un po’ cittadino del mondo, ma certo è stata una soddisfazione ed è sempre un grande onore».

Lei è ambasciatore per l'Italia dell'organizzazione contro l'Aids intitolata a Mandela: com'è nata questa iniziativa?

«Tutto è cominciato a Cape Town, nel 2003, invitato da Brian May e da Dave Stewart a partecipare al mega concerto “46664 give 1 minute of your life to Aids”, organizzato da Dave Stewart con i Queen per sostenere la campagna di Nelson Mandela. Lì ho cantato per la prima volta “Everybody’s got to learn sometime”, accompagnato da Brian May, Roger Taylor, Sharon Corrs. Poi ho partecipato al fantastico medley dei Queen cantando "I want it all" e "We are the champions", con Anastasia. Come si sa, da cosa nasce cosa e mi è stato poi offerto questo importante incarico. L’attività principale è continuare a sensibilizzare il mio pubblico ogni volta che mi è possibile a questo tragico problema mondiale che è l’Aids».

Che differenze trova fra il pubblico italiano e quello straniero?

«Solo il problema della lingua, visto che canto in italiano ovunque. Ma ormai in molti paesi sanno a memoria molte delle mie canzoni e quelli che non capiscono proprio tutto amano comunque la mia musica».

A settembre torna negli States...

«Sì, il 27 settembre sarò di nuovo al Carnegie Hall di New York e poi ancora in giro per il mondo: Australia, Sud America, Canada. E a novembre un giro lungo in Inghilterra, da Glasgow a Oxford, da Manchester a Birminghan...».

Cosa ricorda delle sue estati da ragazzo?

«Tanta nostalgia per il mio paese vicino a Reggio Emilia, ma poi mio padre con tutta la mia famiglia dovette traslocare a Carrara per trovare un lavoro migliore. Io all’inizio mi sentivo un pesce fuor d’acqua. La mia famiglia dovette fare tanti sacrifici».

Quando ha scoperto la musica nera?

«Fin da ragazzino cercavo di ascoltare tutto quello che trovavo. Ma quando andai in America per registrare ”Zucchero & The Randy Jackson Band” capii subito che quella era la mia strada, quello che volevo e che pensavo di fare al meglio. Con me c’erano Corrado Rustici alla chitarra, Randy Jackson al basso, George Perry alla batteria e Walter Afanatieff alle tastiere. Un gran gruppo».

Il prossimo disco?

«A dicembre finisco questi quasi due anni di tour ininterrotto e me ne starò fermo tre o quattro mesi a riflettere. E cominciare a lavorare per un disco che dovrebbe ”nascere” però non prima del 2010».

Arriverà finalmente anche un live?

«Sì, arriva arriva. E anche presto, ma sarà una sorpresa...».

Presto sarà un anno dalla scomparsa di Pavarotti: cosa ricorda di lui? Cosa ha imparato?

«Da Luciano ho imparato tantissimo. Mi manca tutto di lui, e i ricordi sono così tanti, la sua allegria era molto contagiosa. Davvero un grande artista e una grandissima persona».

Con quale canzone comincerà il suo concerto domani a Grado?

«Con ”Iruben me”, dall’album ”Oro Incenso & Birra”, uscito nell’89...».

La scaletta del concerto - suscettibile come sempre di variazioni - prosegue poi con «Occhi» (da «Fly»), «Tutti i colori della mia vita» (il nuovo singolo in vetta alle classifiche), «Bacco perbacco», «Un kilo», «Amen» (uno dei cinque inediti che stavano nel doppio «All the best»), «Cuba libre»... E ancora «Il volo», «Blue», «Diamante», fino ai classici come «Così celeste», «Baila», «Rispetto», «Overdose», «Wonderful life», «Diavolo in me», «Per colpa di chi»»... Insomma, tutto il canzoniere che ha permesso in tutti questi anni a Zucchero - classe 1955, all’anagrafe Adelmo Fornaciari - di diventare un autentico numero uno.

Con lui, sul palco, Polo Jones al basso, Kat Dyson (già con Prince) e Mario Schilirò alle chitarre, Adriano Molinari alla batteria, David Sancious (in passato colonna portante delle band di Bruce Springsteen, Eric Clapton, Carlos Santana, Peter Gabriel...) alle tastiere, James Thompson al sax e al flauto, Massimo Greco alla tromba, Beppe Caruso al trombone.

Per Grado, si tratta di un nuovo grande appuntamento con le star della nostra musica, dopo Vasco Rossi nel 2005, Eros Ramazzotti nel 2006 e Laura Pausini lo scorso anno. Informazioni e prevendite sul sito di Azalea Promotion.

Dopo Grado, seconda tappa italiana del tour giovedì a Cesenatico e una breve pausa, la tournée mondiale ripartirà come detto a fine settembre da New York, poi sbarcherà in Australia, Sud America e, infine, in Inghilterra. Dopo Adelmo Fornaciari inizierà a pensare al nuovo album, che dovrebbe nascere nel 2010.

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