giovedì 28 agosto 2008

RON 2


Da una parte la Risiera di San Sabba, dall’altra un supermercato, davanti la bretella della superstrada e i grigi palazzoni di Valmaura. Ma Ron ci ha messo pochi minuti, ieri sera, davanti a un paio di migliaia di persone in piedi, per creare la magia necessaria. La magia senza tempo della grande canzone d’autore.

Ventuno e quaranta. Si presenta sul palco da solo, chitarra a tracolla. Sospesa alle sue spalle una grande luna, che a tratti diventerà schermo per tante immagini. Attacca così: «Il gigante e la bambina, sotto il sole contro il vento, in un giorno senza tempo...». E bastano pochi versi vecchi di tanti anni (trentasette) per ricordarci che si può far poesia partendo anche da temi scabrosi. E sopravvivere agli anni, ai decenni, alle mode, a tutto.

Ron sceglie di cominciare da lì, da quando era ancora e soltanto Rosalino Cellamare. Un ragazzino nato e cresciuto a Garlasco, provincia di Pavia, padre pugliese e un fratello pianista che gli aveva trasmesso l’amore per la musica. Un ragazzino che a sedici anni, nel ’70, si trovò a debuttare a Sanremo cantando con Nada «Pa’ diglielo a ma’». E che l’anno dopo portò al Disco per l’estate quella canzone di Paola Pallottino e Lucio Dalla che parlava dell’amore proibito fra «un gigante e una bambina».

Ma quell’esordio col botto celava un rovescio della medaglia. Gli anni Settanta, con gli eccessi e la politicizzazione anche della musica, relegarono il biondino in seconda linea. Lui che voleva solo cantare i sentimenti, le storie delle persone, le speranze, lasciando perdere politica e impegno e sociale a tutti i costi.

Per riguadagnare un posto sotto i riflettori Rosalino dovette diventare Ron: chiedere ospitalità agli amici Dalla e De Gregori nel tour del ’79 «Banana Republic», nel quale cantò «I ragazzi italiani». Per poi l’anno dopo esplodere finalmente con «Una città per cantare» - il secondo brano presentato ieri sera, con i componenti della band che prendevano via via il loro posto -, versione italiana di «The road» dell’americano Danny O’Keefe, nota soprattutto per la versione di Jackson Browne, bella e attuale oggi come allora.

Con questi due assi calati subito, all’inizio, il concerto decolla facilmente. Grazie a un sapiente alternarsi di cose vecchie e nuove: «Le foglie e il vento» e «Occhi», «Vorrei incontrarti fra cent’anni» (prima a Sanremo ’96) e «Ladri» («Siamo ladri di carezze, lupi a caccia di anime...», dall’ultimo album). Ma soprattutto grazie a un medley acustico che spara cartucce intitolate «Occhi di ragazza» (bocciata a Sanremo, poi portata al successo da Morandi) e «Al centro della musica», «Sei volata via» e «Piazza grande» (scritta con e per Dalla, Sanremo ’71), «Cosa sarà» e «Attenti al lupo» (altre hit affidate al Lucio nazionale).

Ecco, davanti a canzoni di questa bellezza, che hanno punteggiato una carriera che fra un paio d’anni potremo dire quarantennale (...!), l’unico dubbio che rimane riguarda il successo toccato finora in sorta a Ron, che è stato grande ma mai grandissimo. Sempre un gradino più in basso dei numeri uno, sempre leggermente defilato, come fra l’altro è nelle corde di questo sensibile artista.

A Trieste - con Andrea Pistilli e Alessandro Giampieri alle chitarre, Fabio Ganci alle tastiere, Diego Buonanno al basso, Ivan Messere alla batteria e la corista Piera Pizzi, notevole nel duetto di ”Ma quando dici amore” - Ron ha chiuso la partita pescando altre perle dal suo ricco canzoniere: da «Canzone dell’acqua» a «Joe temerario» (una delle sue canzoni più belle), da «Anima» a «Non abbiam bisogno di parole». Senza dimenticare «Quando sarò capace di amare», la toccante canzone di Giorgio Gaber riletta nel nuovo album, al quale dà anche il titolo.

Il concerto a Valmaura rientrava in un progetto di riqualificazione delle periferie urbane. Prima dell’inizio è stato proiettato un video sull’argomento. Fra una canzone e l’altra, Ron trova il tempo per elogiare l’iniziativa, per raccontare e raccontarsi, per ricordare gli esordi ormai lontani e le precedenti volte a Trieste (”non dimenticherò mai quella volta in mezzo al mare, su una chiatta davanti a piazza Unità...”), per parlare della nonna, persino per sensibilizzare il pubblico sui problemi della malattia e della carenza d’acqua nel mondo. Perchè in fondo non è sempre vero che ”sono solo canzonette”. Per fortuna.

Per Ron, accoglienza affettuosa del pubblico triestino. Alla fine vari bis, fra cui una sognante «Anima» di nuovo solo chitarra e voce.

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