domenica 18 dicembre 2011

CESARIA EVORA +


Non batte più il cuore di Cesaria Evora. Aveva settant’anni. Era ricoverato in un ospedale della sua Capo Verde. Tre mesi fa aveva annunciato il ritiro a causa di una malattia. Veniva chiamata “la diva dai piedi scalzi”, perchè effettivamente aveva l’abitudine di esibirsi senza calzature ai piedi, anche se una diva non lo era mai stata.

Se lo ricordano bene gli spettatori della nostra zona, che l’hanno seguita in concerto qualche anno fa ad Aquileia e ancor prima a Udine. E un po’ della nostra regione stava anche nella sua discografia, nei cd “Capo Verde, Terra d'amore”, che erano anche un progetto culturale e umanitario nato proprio nel Friuli Venezia Giulia.

Cesaria Evora era nata a Mindelo, nella splendida isola vulcanica di Capo Verde, il 27 agosto del ’41. Infanzia difficile, perde il padre a sette anni, la madre cuoca fa i salti mortali per mantenerla ma poi si deve arrendere a la affida alle cure di un orfanotrofio. Una scelta che segna la sua vita ma le offre un jolly per il futuro: è infatti nel coro dell’orfanotrofio che la piccola Cesaria ha cominciato a cantare.

La ragazza cresce, impara gli stili tradizionali della musica della sua isola, la coladeira e la morna. Comincia a cantare nei locali pubblici, diventa la “regina della morna”, musica triste, dal ritmo lento, che coniuga malinconia e desiderio. La sua fama pian piano attraversa il mare.

Dopo un periodo economicamente difficile, durante il quale è anche costretta a interrompere la sua attività musicale, comincia a essere chiamata a cantare prima in Portogallo e poi a Parigi. Dove nell’88, a quarantasette anni, registra il suo primo vero album, “La diva aux pieds nus”, la diva dai piedi nudi, appunto. Il brano “Sodade” - la “saudade” portoghese, che significa nostalgia, struggimento, rimpianto - è il suo primo successo internazionale, ma anche il primo successo per una canzone non francese in Francia, e segna l’inizio della notorietà internazionale.

Il resto, dopo anni di stenti, è finalmente in discesa. Album (“Distino de Belita”, “Mar Azul”, “Miss Perfumado”, “Cesária”, “Cabo Verde”...) e tournèe ne fanno una grande interprete della musica etnica, a una sorta di crocevia fra le musiche della sua isola e il fado portoghese, fra il samba brasiliano e gli echi dal tango argentino. Racconta storie d'amore e di vita, di gente abituata a emigrare per cercare pane e lavoro lontano da casa. Canta melodie struggenti, che sanno parlare al cuore e alla mente.

Qualcuno diceva che le sue canzoni vanno ascoltate a occhi chiusi. Forse per immaginare i paesaggi e il mare di quel minuscolo arcipelago sospeso in mezzo all'Atlantico, per ascoltarne i suoni, gli odori, i colori.

Nei concerti, al pubblico di mezzo mondo si rivolgeva sempre in creolo, la sua lingua. E a metà esibizione quasi sempre chiedeva il permesso di fumare una sigaretta, per concedersi una piccola pausa dedicata magari alla musica della sua band. Come faceva probabilmente tanti anni prima, quando da ragazza cantava nei bar e negli hotel della sua Mindelo.

Fra i suoi brani ricordiamo soprattutto “Tiempo y silencio”, “Sangue de Beirona”, “Angola”, “Africa nossa”, ovviamente “Sodade”, e poi “São Vicente di Longe”, dedicato all'isola natale mai dimenticata, dove non a caso è tornata per vivere il suo ultimo tempo. Davanti all’Atlantico ventoso e insidioso, nella sua terra povera, fra la sua gente abituata a lavorare duro e soffrire. Certo da lì nasceva quella vena dolente sempre presente nella sua grande musica. Che non dimenticheremo.

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