domenica 11 dicembre 2011

LIBRO LUCIA VISCA SU P2

 
Se è esistita la P2, se è vero che esiste la P3 e perfino la P4, non può che esserci stata anche la P1... Da questa incontestabile, quasi lapalissiana considerazione parte la giornalista e scrittrice romana Lucia Visca nel suo nuovo libro “Propaganda, L’origine della più potente loggia massonica” (Castelvecchi, pagg. 189, euro 14), dedicato a uno dei misteri più insondabili delle vicende nazionali degli ultimi decenni, la loggia P2.

Ne vien fuori una singolare storia d’Italia, come scrive Gian Carlo Caselli nella prefazione, «che si propone di tratteggiare a tinte vivide alcune vicende che hanno attraversato e tuttora sembrano attraversare i palazzi del potere».

Ancora il magistrato: «Quello che emerge è una sorta di network relazionale, caratterizzato dalla capacità (necessità?) di riprodursi e perpetuarsi in una saldatura culturale, politica ed economica sorda a ogni interesse generale, sostenuta invece da pulsioni sovversive...». Insomma, una sorta di “un fiume carsico” che attraversa centocinquant’anni di storia d’Italia.

Visca, trent'anni dopo Gelli e la P2 l'argomento è ancora di stretta attualità. Perchè?

«A noi italiani piacciono i misteri. E quello della P2 resta tale. Le stesse conclusioni dell'inchiesta parlamentare del secolo scorso lasciano aperti dubbi mai risolti. Poi basta osservare gli avvenimenti. Non c'è anno che sodalizi e conventicole tenterebbero di ricostituire quel potente nocciolo duro di deviazioni istituzionali varie».

Lei risale fino al Regno d'Italia. Che cos'era allora la massoneria, c'era già allora una loggia Propaganda?

«Sarei potuta andare oltre ma non sono una storica, non mi permetterei. Da cronista mi è sembrato comunque giusto andare alle origini dell'Unità nazionale e tentare di raccontare, nel bene e nel male che cosa fosse la massoneria. Durante i moti risorgimentali è stata un forte motore del cambiamento. Poi, come in tutte le cose, ci sono costole che si staccano, si ammalano e fanno ammalare».

Lei identifica anche un rapporto prima con lo sbarco dei Mille e poi con quello degli Alleati in Sicilia nel '43.

«Che molti protagonisti del Risorgimento prima e della Resistenza poi fossero anche massoni non è un segreto. Sarebbe stato del resto difficile il contrario. Il rapporto che mi ha inquietato è invece quello che si è stabilito fra mafia e alcuni settori della classe dirigente particolarmente attaccati al potere».

Spadolini teneva a distinguere massoneria e loggia P2. Perchè?

«Ho tentato di spiegarlo nel libro. E' semplice nella sua complessità storica. La massoneria, come qualsiasi altra forma di aggregazione umana e sociale, dalla religione alla politica, nasce con nobili intenti e per servire o raggiungere un interesse superiore. La P2, o secondo me la loggia Propaganda in tutte le sue numerazioni, altro non è stata che una manifestazione patologica, un comitato d'affari costuituito per servire gli interessi di chi ne faceva o fa parte».

Quando quei “nobili intenti” dei primi massoni sono stati traditi?

«A occhio direi quando l'eroe del Risorgimento Francesco Crispi fa reprimere nel sangue i moti dei fasci siciliani».

Lei parla di “una maledizione” di cui il Paese stenta a liberarsi. Ci spieghi.

«Sono sempre stata convinta che i tempi della storia siano un po' più lunghi della percezione legata al tempo della nostra vita. Per la storia lo sbarco dei Mille è l'altro ieri, l'Unità nazionale italiana ancora emette vagiti, siamo lontani dal celebrare un bicentenario. I patti fatti nel Risorgimento e rinnovati con la seconda guerra mondiale ancora valgono in tutta la loro forza».

Che rapporti ha avuto la loggia con la mafia?

«Di utilità reciproca. Se una intuizione ha avuto la loggia è stata quella di capire che il potere istituzionale, nel Sud, non era quello fragile dei Borboni, ma quello solido delle istituzioni criminali, soprattutto in Sicilia».

Di Berlusconi sappiamo, ma gli altri iscritti eccellenti alle liste Propaganda?

«Due nomi? Fabrizio Cicchitto e Luigi Bisignani. Trovo più interessante il primo che il secondo. Bisignani è sub judice e prima o poi sapremo se detiene, o meglio ha detenuto, un vero potere. Cicchitto il potere ce l'ha e la sua azione politica è l'incarnazione del Piano di rinascita democratica di Gelli, quello che prevedeva, e secondo me prevede ancora, di sovvertire lo Stato con una dittatura morbida. E poi una montagna di giornalisti, purtroppo. A cominciare da Maurizio Costanzo».

Nessun commento:

Posta un commento