giovedì 8 dicembre 2011

DISCHI / DENTE + vecchioni


Giovani cantautori crescono. E dimostrano di avere tante cose da dire, a volte più dei loro stanchi maestri. Prendete Giuseppe Peveri, in arte Dente (soprannome che pare si porti dietro dall’infanzia...), parmigiano di Fidenza ma milanese d’adozione, classe ’76, dunque non più di primissimo pelo. Il suo nuovo album s’intitola “Io tra di noi” (Ghost Records/Venus), comprende dodici canzoni che lo confermano voce originale, interessante e mai banale del moderno cantautorato di casa nostra.

Sono passati cinque anni dall’album di debutto, “Anice in bocca”, cui sono seguiti in rapida successione “Non c'è due senza te” (2007), l’ep “Le cose che contano (2008) e “L'amore non è bello”, premio Pimi come miglior album del 2009. E Dente - il cui nome viene collegato soprattutto al brano “Beato me”, con cui due anni fa ha partecipato al progetto collettivo di Manuel Agnelli e degli Afterhours “Il paese è reale” - dimostra di aver imparato a trarre il meglio dalla propria vena creativa.

Le sue canzoni mischiano con sapienza malinconia e ironia, hanno tratti intimisti e a volte surreali, pescano nelle lezioni di De Andrè, De Gregori e Tenco (gli artisti che ricorrono più spesso, quando si parla di lui), ma sanno innervarle di un approccio assolutamente contemporaneo. Il risultato s’insinua al crocevia fra una canzone d’autore di qualità e un pop romantico e a tratti stralunato.

Il titolo del nuovo album - che lo stesso Dente definisce “molto malinconico e per niente allegro” - è una citazione riveduta e corretta del classico di Charles Aznavour “E io tra di voi”, annata 1970.

Anche i titoli delle canzoni sono spesso dei giochi di parole, sospesi fra la citazione e il divertissement. Esempi? “Giudizio universatile”, con il suo ritmo incalzante e il ritornello che rimane incollato quasi subito alle orecchie. Ma anche “Settimana enigmatica” e “Da Varese a quel paese”, oppure “Puntino sulla i” e “Pensiero associativo” (che in effetti ricorda un po’ qualcosa di Lucio Battisti, anche se da qui a parlare del talentuoso emiliano come del “nuovo Battisti”, beh, ce ne corre...).

“Piccolo destino ridicolo” racconta come troppo spesso nascono tutte quelle relazioni che poi quasi sempre proseguono nella noia e nell’infelicità quotidiane. Per concludere con “Rette parallele”, che brilla anche per un’inaspettata coda caraibica.

Oltre mezzo secolo dopo la nascita dei cantautori italiani, Dente si fa ascoltare e apprezzare proprio in quanto un classico cantautore: testi lievemente autobiografici, attenzione alla melodia, canzoni costruite su accordi di chitarra acustica. In effetti, dopo gli anni delle mille band, da un po’ sembra tornato il momento di questa (vecchia?) formula.

DISCHI / VECCHIONI

“I COLORI DEL BUIO”  (Universal) C’è una perla, in questa prima antologia ufficiale del Professore, che arriva a chiudere l’anno del suo trionfo sanremese e del conseguente “sdoganamento” - dopo 40 anni di onorata carriera - dinanzi al grande pubblico. La perla è il duetto con Mina nella classicissima “Luci a San Siro”, uno dei trentatre brani, non tutti famosi, del doppio cd. Scelti, dice il sessantottenne cantautore milanese, «chiudendo gli occhi e trovandomi davanti le cose che sono state fondamentali nella mia vita. Ho scartabellato tutto il mio repertorio e ho scelto le canzoni dal significato trasformante, attinenti a realtà che ho vissuto, all’affetto per i miei cari, alle cose per cui ho combattuto». Ecco allora “Figlia” e “Velasquez”, “Non lasciarmi andare via” e “Ninni”, “Stranamore” e “Canzone per Laura”, “Samarcanda” e “Sogna ragazzo sogna”... Ovviamente “Chiamami ancora amore”. Due inediti: “Un lungo addio” e il brano che dà il titolo al disco.  

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