domenica 13 luglio 2014

STASERA JIMMY CLIFF A LIGNANO, unica tappa italiana del tour

È uno dei grandissimi della musica reggae. Anche se nella sua Giamaica lo hanno sempre guardato un po’ così, quasi di traverso, innanzitutto per quella sua antica abitudine a flirtare con il pop e il rock, con il soul e la musica elettronica. Ma anche per la sua fede musulmana, in un’isola - e una cultura - dedita completamente al rastafarianesimo. Jimmy Cliff, vero nome James Chambers, classe 1948, arriva questa sera nella nostra regione, a Lignano, nell’unica tappa italiana del suo tour mondiale 2014, a concludere quel “One Love Festival” giunto alla seconda edizione, e che sta prendendo pian piano nel cuore e nelle abitudini degli appassionati del reggae il posto di quel “Sunsplash Festival” emigrato da qualche tempo nell’evidentemente più ospitale terra spagnola. Il concerto, come del resto l’intera rassegna giunta ormai alla sua conclusione, dopo quattro giorni di musica e varie iniziative, si svolge al Camping Girasole, struttura che sorge sulla strada che da Latisana conduce alla località turistica friulana (informazioni più dettagliate sul sito www.onelovefestival.it). Ma torniamo al grande Jimmy Cliff. Per comprendere l’importanza del quale basterebbe forse ricordare che ebbe il merito, negli ormai lontani anni Sessanta, di diffondere la musica in levare (all’epoca lui ha cominciato con lo ska) quando stelle del reggae come Bob Marley e Peter Tosh erano ancora praticamente dei ragazzini. “Reggae night”, “Sittin’ in limbo”, “You can get it if you really want it” e “Many rivers to cross” sono alcuni dei suoi brani più famosi. Assieme a due leggendarie cover: quella di “The lion sleeps tonight”, brano di ispirazione africana già portato al successo nel 1961 da Hank Medress dei Tokens; e quella di “Wild world”, il classico di Cat Stevens che stava nel quarto album del cantautore britannico “Tea for the tillerman”, ma che nella sua versione uscì (era il 1970) prim’ancora che nell’interpretazione dell’autore. “Hard road to travel” fu il suo primo album, pubblicato nel ’68. “Vietnam” era il titolo del suo inno pacifista, giudicato all’epoca da Bob Dylan la miglior canzone di protesta che avesse mai sentito. “The harder they come”, con annessa colonna sonora, il film che ebbe un ruolo importante nella diffusione mondiale della musica reggae. Dopo altri album, e una fase di distacco dal mondo musicale che lo portò a viaggiare a lungo in Africa e riscoprire la sua fede islamica, Jimmy Cliff tornò in scena negli anni Ottanta collaborando con Kool & the Gang e vincendo nell’85 un Grammy Award con l’album “Cliff Hanger”. Un altro Grammy è arrivato due anni fa, per l’album “Rebirth”, realizzato negli studi di Muscle Shoals (leggendarie sale di registrazione dell’Alabama dove ha inciso mezzo mondo del rock, celebrati proprio in queste settimane dall’omonimo film) in collaborazione con Tim Armstrong dei Rancid: una manciata di brani originali e tre cover, fra le quali “Guns of Brixton” dei Clash. «Tim mi era stato segnalato da Joe Strummer dei Clash - ha detto recentemente Jimmy Cliff -, l’incontro con lui è stato importante. Da qualche anno avevo messo da parte il linguaggio del reggae, ma mi era sempre rimasta la voglia di incidere un album che tornasse alle mie origini musicali. Quando ho cominciato a collaborare con Tim mi è sembrato di tornare indietro nel tempo, e questo mi ha portato a realizzare “Rebirth”...».

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