venerdì 13 febbraio 2009

ANTONACCI AL ROSSETTI


Un sax urla ”Summertime”, le luci si accendono e rivelano un improbabile psicanalista dal marcato accento partenopeo. Entra il ”paziente” Biagio Antonacci e comincia a raccontare, con una punta d’ironia, le sue pene d’amore. Fra una chiacchiera e l’altra imbraccia la chitarra e canta, sprofondato in poltrona, ”Si incomincia dalla sera” e ”Così presto no” (da ”Il mucchio”, album del ’96).

Entra un altro ”paziente”, che poi è Saverio Lanza, il chitarrista e polistrumentista che lo accompagna in questa prima parte del tour. Lo psicanalista si congeda, la gag è finita, il concerto può cominciare. E comincia con una canzone che il nostro non faceva dal vivo da molto tempo, ”Non vendermi”, dall’album del ’98 ”Mi fai stare bene”. Pianoforte e voce, situazione quasi unplugged.

Sì, perchè Biagio ha due anime musicali. Una rock, l’altra intimista. Abitualmente, il quarantaseienne cantautore di Rozzano, paesotto alle porte di Milano, fa convivere (”convivendo”...) queste due anime nei suoi concerti. Era successo anche l’ultima volta che era passato da queste parti, nell’ottobre 2004 al PalaTrieste. Stavolta ha diviso la tournèe in due parti: la prima nei teatri, più intima, quasi acustica; la seconda nei palasport, più elettrica e rockettara.

Ed è la prima che ci è toccata in sorte ieri sera, in un Rossetti tutto esaurito, affollato da un pubblico soprattutto femminile (che belli, i cori delle ragazze...). Antonacci non portava i suoi spettacoli nei teatri da dieci anni. «Ho voluto queste date nei teatri - ha detto - per trovare intimità con voi, cantare con un filo di voce e sentire i vostri respiri. Voglio farvi sentire le canzoni come sono nate, con pochi strumenti, quindi ora cerchiamo di stare insieme e stringerci il più possibile...».

Parole di miele, quelle che il suo pubblico vuole ascoltare. E il nostro danza fra i suoi più grandi successi, vecchi e nuovi: ”Se è vero che ci sei” e ”L’eternità”, ”Alessandra” e ”Non ci facciamo compagnia”, ”A volte” (”una mattina mi son svegliato, bella ciao...”) e ”Lo conosco poco” (dedicata ai padri con cui non si parla mai abbastanza, quand’è ancora possibile farlo).

Tutte le canzoni vengono rilette in una chiave essenziale e suggestiva, con l’ausilio di chitarra o pianoforte, o del caratteristico tamburo africano chiamato djembe. ”Immagina” apre la seconda parte, con Biagio alla batteria, «strumento che suonavo quand’ero banmbino».

Fra un pezzo e l’altro, il bell’Antonacci tesse il suo dialogo con il pubblico, fra racconti e confidenze riguardanti l'amore, il rapporto con i figli, i genitori. Atmosfera a tratti quasi familiare, diretta, che mette in risalto la sua capacità di parlare dritto al cuore della gente. Una sensibilità antica, quella del ragazzone cresciuto nelle periferie povere della metropoli lombarda, quello che studiava da geometra ma sognava la musica.

Il concerto prosegue, fra brani mai interpretati negli ultimi spettacoli e senza dimenticare gli inediti tratti da ”Il cielo ha una porta sola”, l’album raccolta uscito lo scorso ottobre. Dopo ”Vivimi” e ”Coccinella”, nel finale arrivano anche ”Sognami” e ”Pazzo di lei”.

Canzone dopo canzone, confidenza dopo confidenza, risata dopo risata, l’atmosfera diventa quella di una festa fra amici. Con un pubblico che di Antonacci dimostra di apprezzare - oltre alle belle canzoni e al bell’aspetto - la semplicità, la sincerità, la coerenza.

Al Rossetti, ennesimo successo annunciato, fra cori, bigliettini, cartelli con scritte adoranti. E a Biagio, che rivela spiccate doti di entertainer, scappa anche un ”bella patatona” rivolta a una fan delle prime file. Ma a lui si perdona tutto...

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