SANREMO ultimo
Sanremo, il giorno dopo. Agli archivi passa la vittoria del ventitreenne cagliaritano Marco Carta, sponsorizzato da Maria De Filippi, che l’anno scorso lo aveva visto trionfare ad ”Amici” e l’altra notte era con lui sul palco dell’Ariston nel momento più importante della sua giovane carriera.
L’ex parrucchiere con la passione per la musica, rimasto da bambino orfano di entrambi i genitori, è stato preferito dal contestato sistema del televoto (chi più spende, più voti riceve, proprio come vent’anni fa con le schedine Totip) agli altri due finalisti: Povia (le polemiche allora pagano, visto che la canzone non era granchè...) e Sal Da Vinci, sponsorizzato da Gigi D’Alessio, prima eliminato e poi ripescato e infine sul podio. Per la cronaca: 57% di voti al primo, 25% al secondo, 17% al terzo.
In archivio anche la vittoria fra le Nuove proposte di Arisa, acronimo delle iniziali dei nomi dei suoi familiari, dietro il quale si cela la ventisettenne Rosalba Pippa. La sua ”Sincerità” è la canzone del momento, l’unica che la gente canticchia, e sulla quale è già calata l’accusa più infamante e abituale: quella di plagio. Somiglierebbe pericolosamente, infatti, a ”Somewhere nicer”, degli inglesi Obi, da un album del 2001 (vedi su www.myspace.com/obitheband).
E in archivio anche il Premio della critica agli Afterhours, di misura su Tricarico e Nicolai/Di Battista. Ovvero: le poche canzoni da salvare, assieme a quella di Patty Pravo, al Festival di quest’anno.
Del quale, come già detto a caldo, il vero vincitore è comunque Bonolis, che non ha selezionato grandi canzoni ma ha saputo creare cinque serate di spettacolo televisivo in grado di attirare attenzione e ascolti. Anche la finale ha sfiorato il 50% (49.75%) di share, con 13.008.000 spettatori nella prima parte; impennata di share al 64.15% con 11.269.000 spettatori nella seconda. Per l'annuncio del vincitore, a mezzanotte e quaranta, share al 75.53%. Picco di ascolti alle 22.55, quando sul palco c'era l'attore Vincent Cassel, visto da 15.171.000 persone.
L’impresa di Bonolis - e di Luca Laurenti, il cui apporto non va sottovalutato - è stata quella di svecchiare la rassegna e ringiovanirne il pubblico. L'80% degli 800 mila che si sono pronunciati al televoto finale aveva infatti un'età tra i dodici e i vent’anni.
Squadra che vince non si cambia, a meno di essere mossi da istinti suicidi (cosa che parlando di questioni Rai non è da escludere...). Dunque ci sono buone probabilità di ritrovare la stessa coppia l’anno prossimo, nell’edizione numero sessanta. Cui va pensato «da subito», come ha detto ieri il direttore di Raiuno Del Noce, che però potrebbe essere sul punto di passare la mano nell’imminente ribaltone di nomine.
«I sessant’anni di vita del Festival - ha aggiunto - non devono essere una celebrazione della vecchiaia o come qualcosa per animali estinti o brontosauri, ma di giovinezza. Bisogna mantenere alto il prodotto su cui come azienda investiamo molto. A maggio-giugno bisognerà cominciare a occuparsene in termini pratici».
Infine, l’ultima polemica. Non dimenticando che di polemiche il Festival vive. Ci ha pensato Iva Zanicchi, che ieri pomeriggio su Raiuno ha strepitato («sono stata oltraggiata...») per l’intervento di Benigni che martedì sera l’aveva effettivamente distrutta prim’ancora della sua interpretazione. Un piccolo comizio da parte della signora, che non a caso è europarlamentare di Forza Italia, alla vigilia di una probabile ricandidatura.
In fondo, come confidò una volta Casini a Mastella (altro candidato per tutte le stagioni), con cinque anni al parlamento europeo uno può mettere da parte un miliardo tondo. Parlava di lire, dunque fate pure il calcolo in euro: restano comunque tanti soldi. Molti più di quelli che un cantante medio, magari a fine carriera, incassa a Sanremo.
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