venerdì 14 marzo 2014

VIRGINIANA MILLER domani a Udine

Loro sono di Livorno, ma oltre vent’anni fa, per cercare il nome del gruppo rock che stavano mettendo su, si fermarono nell’orto botanico di Pisa, sotto l’ombra di una gigantesca quercia americana. Il cui nome scientifico era - ed è tuttora, visto che il maestoso albero esiste ancora - Virginiana Miller. Che dev’esser loro sembrato anche un bel nome per la loro avventura che stava cominciando. Oltre vent’anni dopo, i Virginiana Miller - che domani alle 21 suonano al Palamostre di Udine - sono ancora una delle più belle, originali e fantasiose realtà della musica di casa nostra. Il loro primo album “Gelaterie sconsacrate” uscì nel ’97. Il sesto, pubblicato nell’autunno scorso, è invece “Venga il regno”. Che dà il titolo anche a questo tour. «Non auspichiamo l’arrivo di nessun regno in particolere - dice Simone Lenzi, cantante e autore dei testi, ma anche scrittore di un certo successo -, con quelle parole esprimono un certo senso di accettazione del presente, della vita che in questi anni hai costruito». Quasi un discorso da reduce... «No, ma capita che passati i quaranta capisci che le strade davanti a te non sono più tutte aperte. Dunque non è assolutamente una folgorazione sulla via di Damasco, piuttosto una nuova consapevolezza della vita, del presente, da affrontare comunque con determinazione». Nel disco ci sono dei brani molto politici. «Se allude a “Anni di piombo” e “Lettera di San Paolo agli operai”, sì, decisamente. Il disco è rivolto al presente ma parla anche di anni Settanta. Rimango convinto che avvenimenti come il sequestro Moro e l’intera stagione del terrorismo abbiano segnato la storia d’Italia ancor più di quanto si creda. I nostri ritardi partono da lì». Ripensando a quei ragazzi sotto la quercia? «Siamo contenti. È bello suonare ancora assieme, con le stesse persone, anche se gli anni sono passati e la nostra vita è cambiata. Ma il nostro progetto ha resistito, al di là di tutto e di tutti. Ognuno fa anche altre cose, ma abbiamo tenuto in vita questa nostra cosa pensata e realizzata assieme». La scena musicale attorno a voi? «Assistiamo a un paradosso: la scena musicale è cresciuta, ma il mercato si è ristretto. In giro vedo e sento maggior maturità artistica, i gruppi che escono sono più preparati, c’è più qualità in giro. Oggi è più facile produrre ma anche pubblicizzare la musica nuova che esce, l’offerta è abbondante, ma c’è meno attenzione da parte della gente, del pubblico». Avete ristampato il vostro primo album. Perchè? «Ci eravamo accorti che “Gelaterie sconsacrate” non si trovava più in giro. Su eBay c’era persino qualcuno che lo vendeva a sessanta euro a copia. Non ci sembrava giusto. Allora lo abbiamo ristampato così com’era, senza modifiche o rimissaggi di sorta». Ancora attuale o datato? «L’una cosa e l’altra. Suona ancora bene perchè ci avevamo messo dentro tante cose. Tutti, nel primo disco, infilano anni di idee, emozioni, tentativi. Però è chiaro che è un disco figlio di quegli anni: riascoltandolo oggi avverti delle ingenuità, ti accorgi che alcune cose le avresti fatte diversamente». Avete vinto un David di Donatello. «Una grande soddisfazione, arrivata per “Tutti i santi giorni”, canzone inserita nell’omonimo film di Paolo Virzì, fra l’altro tratto dal mio libro “La generazione”. Ottenere un riconoscimento dal mondo del cinema ci ha fatto particolarmente piacere». Sembra quasi che di voi si accorgano più gli altri mondi... «È vero, anche nella narrativa. Sandro Veronesi e altri hanno detto cose molto lusinghiere su di noi. Vuol dire che siamo trasversali». Livorno? «Ha una scena musicale vivacissima, centinaia di gruppi che suonano, ma scontiamo un certo isolamento provinciale, c’è la tendenza a chiudersi. E una crisi economica che anche da noi picchia forte». Il prossimo disco? «Ora facciamo questo tour, che proseguirà d’estate. Poi riordiniamo le idee e cominciamo a pensarci. Non penso che uscirà prima del 2015». E il prossimo libro? «Il libro esce a giugno per Laterza. S’intitola “Mali minori”, parla di quelle piccole delusioni, quei piccoli incidenti che hai da bambino, non sembrano importanti, ma segnano il tuo destino».

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