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martedì 14 maggio 2013
MISSONI, addio colorato
«Ha preso i disegni dei sogni per farne abiti». Con queste parole, ieri, nella basilica di Santa Maria Assunta, a Gallarate, è stato ricordato Ottavio Missoni, scomparso nei giorni scorsi all’età di 92 anni. Giulio Dellavite, il sacerdote amico di famiglia che ha celebrato i funerali, ha cercato fra i ricordi: «A giugno mi disse: se Dio c’è, è un artista, anzi, uno stilista. Ma Dio non è come lo raccontate voi preti, perchè o siamo venuti male noi, o lui non è un granchè a disegnare...».
Ancora l’uomo di chiesa: «Sono le cose di ogni giorno che raccontano segreti a chi le sa osservare. Il vestito in realtà è una lingua con cui comunicare qualcosa a qualcuno: ci dice chi si è, e chi si vorrebbe essere. La moda passa, lo stile resta. Siamo qui a raccogliere la lezione di un uomo di stile. Un uomo che ha creduto nell’amore che si fa “casa”, un anziano che non ha mai smesso di sognare come un bambino, un credente che ha sfidato Dio nell’impastare i colori».
Parole che ti fanno comprendere il legame che probabilmente si era creato fra l’anziano stilista e il sacerdote. Parole pronunciate davanti alla numerosa e unitissima famiglia-tribù del “Tai”, ai tanti amici e colleghi (fra gli altri Ermanno Olmi, Donatella Versace, Franca Sozzani, Maurizio Nichetti...), ai vicini di casa, ai dipendenti. Non solo i 250 dell’azienda di Sumirago, ma anche quelli delle boutique di Milano, Roma, Parigi, Porto Cervo... Una di loro sale sul palco per un saluto: «Ti auguriamo che questo viaggio sia pieno di colori. È stata un’esperienza unica e irripetibile lavorare con te».
Un funerale forse unico, all’insegna degli abiti, dei disegni, soprattutto dei colori. Un foulard, una maglia, un cardigan, una borsa, una collana: l’importante è che abbia il “segno” di Missoni. Le centinaia di persone presenti ai funerali hanno scelto di rendere omaggio così al grande patriarca, al creatore della maison. Colori su colori. E sulle panche della chiesa, per ognuno, un piccolo omaggio della famiglia: un cartoncino con un disegno di fiori stilizzati e colorati firmato dallo stilista. Sul retro il testo del “Va’ pensiero”, dal “Nabucco” di Verdi, cantato da tutti alla fine della messa.
Non potevano mancare gli amici dello sport. Cinque “reduci”, con le maglie azzurre degli anni lontani passati insieme a fare sport. L’ultima volta si sono visti a Cosenza nell’ottobre del 2011, quando il novantenne Missoni ha gareggiato per il lancio del giavellotto e ovviamente ha vinto. In chiesa anche il gagliardetto dell’Associazione nazionale atleti olimpici e azzurri d’Italia, corone di fiori dell’Associazione italiana di atletica leggera. E il gonfalone del Milan, la squadra del cuore dello stilista, colpito dal malore poi rivelatosi fatale proprio mentre mercoledì sera stava guardando in tivù i suoi rossoneri strapazzare il Pescara.
All’arrivo del feretro l’applauso della gente in piazza. A portare la bara il figlio Luca e i nipoti. La cui presenza rimanda all’altro figlio, il primogenito Vittorio, inghiottito nel nulla del cielo e del mare del Venezuela, dal quale stava rientrando, con la moglie e due amici, da una vacanza a Los Roques. Da quel momento «si è rovesciata la trama di quella famiglia - ha detto il sacerdote, che solo un anno fa aveva celebrato il matrimonio della nipote Margherita - e da quel momento i morbidi fili colorati del quotidiano sono diventati nodi duri».
Toccante l’intervento della figlia Angela, che ha detto alla madre Rosita in prima fila: «Mamma, grazie di averci regalato di averlo come padre e nonno dei nostri figli. Da bambina ero molto fiera di averlo come papà, ma da adolescente no perchè lo vedevo come un papà assente. Poi, con i miei fratelli, abbiamo capito che se lo cercavamo lui c’era e aveva per noi parole illuminanti: papà era un uomo libero e ci ha lasciato liberi, non ci ha mai giudicati».
La salma di Ottavio Missoni verrà cremata.
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