lunedì 10 agosto 2015

LACOSEGLIAZ, venerdì a Trieste La sposa di Sarajevo

Dieci giorni fa, nel suo monologo quasi apologetico su Trieste griffato Salone del caffè, il grande Moni Ovadia Ne ha tessuto entusiastiche lodi. «Alfredo Lacosegliaz - ha detto più o meno il massimo divulgatore della cultura yiddish nel nostro Paese - è quello che mi ha introdotto, quasi quarant’anni fa, alla musica balcanica. E gliene sarò sempre grato. Spero che questa città prima o poi lo onori come si deve...». Incassati cotanti complimenti da cotanto pulpito, il sessantaduenne musicista triestino è già pronto per una nuova avventura, a metà strada fra musica e teatro. Venerdì alle 21 alla Biblioteca Quarantotti Gambini, in via del Vento, e in caso di maltempo all’Auditorium della Casa della Musica, debutta infatti con il suo nuovo spettacolo: “La sposa di Sarajevo e Ahmet Jusuf”, tratto dalla novella “Zapisi o Simeunovici i Ahmet Jusufu”, di Novak Simic. Ovvero: «Una narrazione dal sapore popolare dei Balcani che porge leggera significanti profondi. Il peccato é dentro di te. Lo si può mai sfuggire?» «Lessi la novella da cui è tratto lo spettacolo forse quarant’anni fa - ricorda Lacosegliaz -. Successivamente conobbi Giacomo Scotti, il traduttore. L’altr’anno a giugno portai al Sarajevo Peace Event la mia installazione “L’insostenibile arte della guerra” e visitai i luoghi della narrazione. Sempre l’estate scorsa ebbi il privilegio di conoscere in un festival a Brioni Ahmed Buric, poeta, autore, attore e musicista di Sarajevo. Finì a tarallucci e rakija (super alcolico per eccellenza nei Balcani - ndr) suonando e cantando sevdalinke (canzoni d’amore della Bosnia - ndr) fino alle quattro del mattino. Fu un segnale. Decisi di mettere in scena la novella per le troppe coincidenze bosniache». Lo spettacolo è un omaggio allo scrittore Novak Simic e a Sarajevo, a sottolineare che la Bosnia Erzegovina non è soltanto terra di guerre e di conflitti ma anche di culture, religioni, tradizioni e convivenze. Viene guidato da una proiezione di disegni animati (a cura di Giulia Marsich), nei quali gli attori virtuali dialogano dallo schermo con una danzatrice e un mimo, alternati e integrati da una piccola grande orchestra. Quasi un’operetta di sapore etnico, insomma. Ancora Lacosegliaz: «Siamo all’interno di un ambiente cosmopolita dove musulmani, ortodossi e cattolici si affannano a scacciare una presunta possessione diabolica e dove Ahmet Jusuf, paradigma universale di guerriero stanco di guerra, si interroga nelle sue allucinazioni sull’esistenza del demonio». Lo spettacolo - che rientra nella stagione Trieste Estate, promossa dal Comune, con la collaborazione della Casa della musica - è in italiano e bosniaco. Ed è con Valentina Norcia, Valentino Pagliei, Ornella Serafini, Orietta Fossati, Cristina Verità, Sašo Debelec, Fabio Zoratti. Voci recitanti: Ahmed Buric, Daniela Picoi, Sabina Nuhefendic, Ornella Serafini, Maurizio Zacchigna, Gualtiero Giorgini, Adriano Giraldi, Paolo Privitera, Amir Karalic. Consulenza linguistica e ricerche iconografiche a cura di Sabina Nuhefendic. Il giornalista e traduttore Giacomo Scotti, napoletano, classe 1928, che nel ’47 scelse la Jugoslavia, vivendo prima a Pola e poi a Fiume, nello spettacolo compare in voce come attore.

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