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venerdì 14 agosto 2015
MIKA, NO PLACE IN HEAVEN
Mika è diventato il personaggio del Ferragosto italiano 2015. Non per le sue canzoni, che sono belle. Non per la grazia, l’educazione, la sensibilità che ha dimostrato come giudice della passata edizione di “X Factor” (e che ritroveremo nella prossima edizione, in partenza a metà settembre, sempre su SkyUno). Non per questo album, “No place in heaven” (Virgin), assolutamente meritevole del gradimento che anche il pubblico italiano gli sta tributando.
No. Mika è finito sulle prime pagine dei giornali perchè un idiota, ma forse sarebbe meglio dire un poveretto, ha scritto a caratteri cubitali su un manifesto che annuncia un suo concerto a Firenze la parola “frocio”. All’inizio l’artista voleva lasciar perdere. Poi la campagna di solidarietà partita sul web lo ha convinto a denunciare l’omofobia che ancora impera in certi strati della popolazione, italiana e non. «Non ho paura di chi discrimina. Nessuno deve averne. L’amore fa quel che vuole», ha scritto Mika su Twitter. La terza frase, assieme all’hashtag #rompiamoil silenzio, in poche ore è diventata virale sul web.
«Rifiutando di riconoscere gli insulti - ha poi scritto sul Corriere della Sera l’artista inglese, nato a Beirut nell’83 -, avrei commesso un errore: avrei dimenticato il tredicenne che sono stato e avrei fatto male alle persone che non hanno quel lusso e quel privilegio. Io posso salire sul palco. Ma quando sei implume e quella parola ti riguarda, se vedi quel manifesto ma non trovi una risposta che ti faccia da scudo, allora per te significa che ti hanno abbandonato».
Triste dover parlare e scrivere di queste cose, nell’Italia del 2015, in un’Europa che dovrebbe essere innanzitutto quella dei diritti, delle libertà e del rispetto delle persone. Ma tant’è. E la speranza è solo che l’enorme cassa di risonanza che l’episodio ha avuto, grazie alla popolarità e all’intelligenza del personaggio in questione, possa servire a fare un passo avanti sulla strada della civiltà.
Rimarrebbe da dire dell’album. Canzoni semplici ma non banali, scritte e arrangiate con gusto, interpretate meglio, nel segno del miglior pop, eleganza e melodia. Qualcuno vi ha trovato echi del primo Elton John, altri hanno colto la freschezza della miglior Carole King. Quel che è certo è che le canzoni sono talmente gradevoli che a volte sembra di averle già sentite, anche se sono nuove. Una sorta di mainstream del miglior cantautorato pop anglosassone, insomma.
Fra i brani: “Good guys” (con citazione di Andy Wharol), “Talk about you” (sorta di “interpolation” - così si legge nel libretto - dell’italiana “Sarà perchè ti amo”, con tanto di crediti fra gli autori), “All she wants”, “Hurts”, “Let’s party”... Con una vena malinconica di fondo. Figlia forse di quel tredicenne che Mika è stato.
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