La prima bugia è che questo sarà “l’unico album postumo” di Amy Winehouse, la cantante inglese morta ventisettenne l'estate scorsa e già consegnata alla sfera del mito. “Lioness: hidden treasures” (Island) propone ai nostalgici della sua immensa voce nera i “tesori nascosti” ritrovati e assemblati con cura e mestiere dal padre dell'artista, Mitch, e dai suoi produttori Mark Ronson e Salaam Remi. I quali, consapevoli della bugia, sanno per primi che l’industria del caro estinto non permette “unici album postumi”, anzi moltiplica all’infinito le occasioni di sfruttamento dell’arte e dell’immagine dell’artista che non c’è più.
Detto questo, godiamoci un album che comunque offre all’ascoltatore momenti di buona musica, che mettono ancora in luce le grandi doti di interprete di Amy. A partire da “Body and soul”, il duetto con l'ottantacinquenne italoamericano Tony Bennett, per proseguire con “Our day will come”, il brano del ’63 di Ruby & The Romantics, registrato nel 2002, originariamente previsto nel primo album della cantante, “Frank”, e poi messo da parte; la fascinosa versione di “The girl from Ipanema”, anche questa registrata nel 2002, anzi, pare sia stata la prima canzone interpretata quando andò a Miami per registrare il primo album; un’altra cover, quella di “Will you still love me tomorrow?”, scritta nel 1960 da Carole King col marito di allora Gerry Goffin per le Shirelles, ma poi ripresa dalla stessa cantautrice americana nell’album “Tapestry” del ’71.
Vecchie più o meno di dieci anni - e dunque del periodo del primo album - anche “Halftime”, omaggio a Frank Sinatra giocata in chiave jazz con voce e chitarra acustica, e quella “Best friends” con la quale Amy era solita aprire i suoi concerti. Dall’album “Black”, che regalò all’artista fama e successo planetari, arrivano invece “Tears” e “Wake up alone”. E ci sono poi “Valerie”, cover del brano degli Zutons, “Like smoke”, “A song for you” di Leon Russell (l’incisione più recente).
La scaletta va insomma a pescare indietro nel tempo, guardando soprattutto al passato e non contribuendo certo a far capire quel che l’artista scomparsa avrebbe potuto fare se fosse sopravvissuta alla sua vita spericolata. Solo “Between the cheats”, con le sue atmosfere anni Cinquanta, ci aiuta a capire come forse sarebbe stato il prossimo album, per il quale era in effetti prevista.
Rimangono i brividi che a tratti affiorano nel risentire una delle più belle voci che il mondo del rock abbia visto sorgere e purtroppo velocemente tramontare nel corso degli ultimi anni. Spazzata via da una deriva autodistruttiva. Ma “forever young” come Janis, Jimi, Jim, Kurt... E troppi altri.
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OVERTONES
“GOOD OL’ FASHIONED LOVE”
(Warner)
In Inghilterra hanno già venduto 400 mila copie. Che per un album di debutto è una cifra importante. Mark Franks, Mike Crawshaw, Darren Everest, Timmy Matley e Lachlan Chapman sono un gruppo vocale e hanno alle spalle una storia curiosa. Amanti della musica e compagni di lavoro in un’agenzia di servizi di decorazione e tinteggiatura, un giorno lavorano in un ufficio di Oxford Street, a Londra, e in una pausa si mettono a cantare in tuta da lavoro a un angolo di strada per provare lo spettacolo di quella sera in un pub. La manager di una casa discografica li ascolta, allunga a uno di loro il suo biglietto da visita, e tre giorni dopo gli Overtones firmano il loro primo contratto discografico. I cinque ragazzi - un mix di Inghilterra, Irlanda e Australia nei loro passaporti - sanno coniugare pop e rhythm’n’blues, con un orecchio ai suoni della vecchia Motown e con i Temptations nel cuore. “Second last chance”, che mischia tradizione dei gruppi vocali americani e brit-pop, è il singolo di lancio.
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